Allevamenti suinicoli sempre più sostenibili: i traguardi degli ultimi 50 anni

L’impegno ripaga sempre. Lo dimostrano i traguardi raggiunti dal comparto suinicolo, che negli ultimi 50 anni hanno portato ad allevamenti più sostenibili per l’ambiente.

L’impegno ripaga sempre e i risultati col tempo si vedono. Lo dimostrano i traguardi raggiunti dal comparto suinicolo nel corso di cinque decenni di miglioramento continuo, che ha portato ad allevamenti più sostenibili per l’ambiente. Secondo il 2021 Sustainability Report di Pork Checkoff, negli ultimi 50 anni, tra il 1960 e il 2015, gli allevamenti di suini negli Stati Uniti hanno ridotto il loro impatto ambientale, consumando il 75% in meno di terra, il 25% in meno di meno acqua, il 7% in meno di energia ed emettendo l’8% in meno di carbonio.

Percentuali importanti, se si considera che in genere l’America viene presa sempre come esempio negativo di intensivizzazione e inquinamento, nel confronto con le virtuose realtà europee e italiane. E il miglioramento non si ferma di certo qui. Anzi. Gli allevatori si ingegnano senza interruzione al fine di sviluppare strategie efficaci per ottimizzare la produzione, renderla più efficiente e meno impattante sull’ambiente, migliorando la qualità dell’aria, dell’acqua e il benessere degli animali.

I progressi nella gestione della qualità dell’aria, nel controllo degli odori degli impianti di produzione, nel management alimentare dei suini e dei liquami, possono ridurre il contenuto di nutrienti nelle vasche di raccolta, così come la quantità di ammoniaca rilasciata nell’atmosfera e ridurre al minimo l’impatto sui vicini, sulla comunità e sull’ambiente. Gli allevatori e agricoltori sono attivi nella conservazione del suolo, con l’applicazione di pratiche agronomiche che aumentano la fertilità dei terreni, sequestrano il carbonio in eccesso, riducono le emissioni di gas a effetto serra e forniscono energia rinnovabile.

L’Italia, come tutta Europa, è in corsa per il Green Deal con diversi obbiettivi di sviluppo sostenibile prefissati dall’UE, da raggiungere entro il 2030, al fine di arrestare il cambiamento climatico. Tra questi troviamo la riduzione del 50% dell’utilizzo di fitofarmaci, l’impiego del 20% in meno di fertilizzanti, la diminuzione del 50% delle vendite degli antimicrobici e la riduzione del 55% delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2030.

Nel complesso, le emissioni di gas serra derivanti dall’agricoltura animale sono diminuite, nonostante la produzione di proteine sia stabile o aumentata, e questo è fondamentale al fine di nutrire la popolazione in crescita senza impattare sull’ambiente. Secondo i dati rilasciati dall’Environmental Protection Agency ad aprile 2021, l’agricoltura negli Stati Uniti è responsabile appena del 10% delle emissioni di gas a effetto serra, di cui l’industria suina solamente per il 4%. Nell’ultimo decennio, grazie a interventi di conservazione e ai progressi della tecnologia, il contributo in gas serra è stato in media del 9%, con le emissioni del settore suinicolo inferiori allo 0,3%. Anche l’Europa e l’Italia non sono da meno, con riduzioni delle emissioni del 27% e del 26% rispettivamente.

Secondo il rapporto NomismaLe nuove sfide per l’agricoltura italiana”, presentato l’8 febbraio 2023 alla conferenza economica di Cia a Roma, il 9% delle emissioni di gas serra in Italia arriva dall’agricoltura e solo il 6% dalla zootecnia, che però è in grado di riassorbire il 10% di tali emissioni grazie a foreste, pascoli e colture permanenti. Il bilancio è quindi positivo per l’ambiente, con gli allevamenti che riescono a raffrescare anziché riscaldare il pianeta.

Anche le azioni attuate nel corso degli anni nell’ambito del benessere animale, per un utilizzo appropriato e ragionevole degli antibiotici, per la tracciabilità totale e la garanzia della qualità della carne confermano che il trend sarà sempre in discesa, con il settore della carne suina sempre più sostenibile e strategico per fornire cibo nutriente, sicuro e a basso impatto ambientale.

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