Ancora segnali negativi per la filiera suinicola nel mese di giugno: la redditività dell’allevamento e della macellazione dei suini è ancora giù, nonostante il piccolo aumento dei prezzi dei suini da macello e dei tagli di carne. È quanto emerge dall’ultima analisi del Crefis, il Centro ricerche economiche sulle filiere sostenibili dell’Università Cattolica del S. Cuore, che svolge periodicamente il monitoraggio della situazione delle filiere suinicole.
Secondo l’analisi, nel mese di giugno tornano a salire le quotazioni dei suini da macello, mentre scendono i valori dei capi da allevamento. Per i suinetti da 7 Kg il prezzo medio mensile di 54,180 euro/capo è in diminuzione rispetto al mese di maggio dell’8,2% e rispetto all’anno precedente del 3,8%. Anche per i capi da 30 Kg la quotazione scende a 3,200 euro/kg, con una variazione congiunturale, cioè rispetto al mese precedente, di -4% e quella tendenziale, cioè rispetto all’anno scorso di -13,9%.
La fase di ingrasso dei suini da macello pesanti del circuito tutelato mostra invece un prezzo medio mensile in aumento del 3,5% rispetto a maggio, per un valore di 1,663 euro/kg e anche la dinamica tendenziale è in crescita del 7%. La redditività della fase di svezzamento sull’allevamento a ciclo aperto, calcolata dall’indice Crefis, registra un forte calo sia a livello congiunturale (-10%) che a livello tendenziale (-19,1%), a causa della diminuzione dei prezzi dei suinetti, ma anche dei costi sempre elevati delle materie prime per la loro alimentazione.
La redditività della successiva fase di accrescimento, sempre nell’ambito del ciclo aperto, mostra a giugno una stabilità congiunturale dell’indice Crefis a +0,3%, ma con una variazione tendenziale negativa molto marcata, di -20,4%. Anche nella fase d’ingrasso si conferma la situazione infelice, in quanto l’indice Crefis risulta in calo sia a livello congiunturale (-4,2%) che a livello tendenziale (-18,7%), in un contesto di costi sempre troppo alti per le materie prime alimentari, che ha portato gli allevatori a pagare con un prezzo elevato i suini da allevamento, registrando un rincaro di +22% ad inizio periodo.
Per l’allevamento a ciclo chiuso l’indice Crefis registra una leggera ripresa della redditività rispetto al mese di maggio (+1,1%), ma a livello tendenziale rimane fortemente negativo il confronto con la situazione dell’anno scorso (-19,1%), restando ai minimi storici di lungo periodo. I prezzi delle cosce fresche per le produzioni tipiche nella tipologia pesante sono saliti a 5,354 euro/kg, con una variazione positiva sia a livello congiunturale (+1,4%) che tendenziale (+27,4%). Invece per i tagli freschi la quotazione del lombo taglio Padova ha raggiunto 3,680 euro/kg, con un +0,8% rispetto a maggio, mentre il prezzo del lombo taglio Bologna è calato dello 0,8% arrivando a 3,300 euro/kg. Per entrambi i prodotti restano negative le variazioni tendenziali (rispettivamente -0,2% e -3,6%).
Nonostante il leggero aumento dei prezzi dei principali tagli di carne suina e del suino da macello, la redditività a giugno è ancora in calo per i macellatori italiani, con un indice Crefis di -2,7% a livello congiunturale, mentre è positivo a livello tendenziale (+5,2%). Le quotazioni del comparto stagionatura sono invece tutte in crescita: il Prosciutto di Parma segna un prezzo medio mensile di 10,050 euro/kg, con un aumento dello 0,2% rispetto al mese di maggio e del 23,7% a livello tendenziale. In aumento anche le quotazioni del prodotto stagionato non tipico, arrivando a 6,850 euro/kg (+0,4% a livello congiunturale e +10,9% rispetto al 2021).
Nonostante il trend positivo delle quotazioni dei prosciutti DOP stagionati, l’indice Crefis di redditività del prodotto tutelato è in calo sia a livello congiunturale (-3,6%), che tendenziale (-4,2%), non riuscendo a contrastare l’aumento di prezzo delle cosce fresche registrato a inizio stagionatura. Invece si registra un ulteriore incremento rispetto al mese precedente (+0,4%) della redditività del prodotto generico nella tipologia pesante, grazie all’aumento dei prezzi dei prosciutti stagionati e alla stabilità delle quotazioni delle cosce fresche a inizio stagionatura. Ma la variazione tendenziale resta negativa (-11,7%), con un divario di redditività fortemente a favore del prodotto DOP (+42,8%).
“Nell’ultimo trimestre, nei mesi di aprile, maggio e giugno, rispetto allo stesso trimestre del 2021, il costo di produzione del suinetto svezzato è aumentato del 50%, cioè da 40 euro siamo passati a 60 euro”, commenta il Presidente di Assosuini, Elio Martinelli: “Nella seconda fase di svezzamento e magronaggio dei suinetti invece il costo di produzione è aumentato più del 50%. Nella fase ingrasso l’aumento è del 40%, arrivando oggi ad un costo di produzione a ciclo chiuso di 2,10€/kg. Quanto può durare l’allevamento se andiamo avanti così?”.
Secondo il Presidente di Assosuini, la situazione oggi è molto critica, specialmente per il mercato del DOP, con il Prosciutto di Parma in primis, a causa dell’aumento dei prezzi del prodotto di base fresco da stagionare, che fa salire anche il prezzo del prodotto finale stagionato al consumatore. “Il problema è che partendo dal fresco ci vogliono minimo 18 mesi per arrivare poi al prosciutto crudo DOP e noi non sappiamo fra 18 mesi cosa può succedere”, sottolinea Martinelli: “Con il prezzo che abbiamo oggi, quando al prosciuttificio dobbiamo lavorarlo e stagionarlo, dobbiamo aumentare ancora il prezzo al consumatore di un 10-15% per un anno e mezzo. Con la situazione che abbiamo oggi, con il potere di acquisto dei consumatori che sta calando in modo sensibile e il costo della vita sempre più alto, anche la carne suina purtroppo ne sta risentendo, con i consumi dei salumi stagionati che sono molto calati in questi ultimi mesi”.
Oltre al fattore prezzi, c’è anche il fattore fake news sui social, ricorda il Presidente, “che hanno diffuso negatività sulla carne suina, sul benessere animale e sulla questione Peste Suina Africana. Tutto ha influito sul consumo, creando una concezione negativa nella mente di una parte dei consumatori. Ci sono quindi grossi dubbi per il futuro, a meno che la Cina non ci aiuti con l’export, visto che ultimamente stanno ricrescendo le quotazioni della carne suina in Cina. E questo fa ben sperare”, conclude Martinelli.