La Regione Lombardia, con una Circolare della Direzione Welfare e Veterinaria inviata a tutti gli addetti ai lavori, ha definito un cronoprogramma di impegni che, dal 2023 al 2025, bandirà il taglio della coda nei suini allevati nella regione. È possibile una deroga al divieto di taglio della coda dei suini? Se sì come la si può ottenere? Ne parliamo con Elio Martinelli, presidente di Assosuini, associazione che mira a garantire gli interessi dei suinicoltori italiani.
Come si pone l’associazione da lei presieduta verso la questione del divieto del taglio della coda e di una sua deroga in Lombardia? Innanzi tutto, è possibile ottenerla?
Lo spero vivamente, nel senso che Assosuini ha già fatto presente, durante la recente riunione presso i servizi veterinari della regione Lombardia, che chiederà una moratoria al governo. Questo non è più un problema solo del Ministero dell’Agricoltura, ma coinvolge anche il Ministero della Sanità, dato che la Veterinaria in Italia ne fa parte come gestione istituzionale. Faremo questo appello perché, con l’attuale normativa, la situazione è ingestibile per un’applicazione pratica negli allevamenti. Teniamo presente che oggi dovremmo già avere fatto tutti una richiesta di deroga alla legge, che già ci obbliga ad avere oltre il 15% di suini con la coda non tagliata presso i nostri allevamenti. Siamo contrari perché purtroppo l’attuale gestione di un allevamento intensivo, pur con tutte le migliorie che applicabili, rappresenta un grande impegno e richiede un equilibrio molto difficile per garantire il benessere animale. Oggi vietare il taglio della coda significa aumentare i disagi per gli animali e probabilmente l’uso di antibiotico per sopperire alle ferite che gli animali si procurano nel momento in cui li si lascia con la coda intera. Abbiamo visto che, in quei pochi allevamenti con maiali con la coda lunga, c’è un notevole aumento di ferite e di ascessi, causati da lotte tra gli animali, che riducono sia il livello del loro benessere che la qualità della loro carne.
Oltre agli effetti sulla salute ed il benessere animale, la procedura per ottenere questa deroga sembra anche complicata.
Esatto. La cosa non è così semplice da gestire. Per questo chiederemo una moratoria per tutto il 2024. L’intenzione è quella di far cambiare la scelta politica a riguardo. A meno che si voglia ridurre drasticamente il numero di suini allevati in Europa. Perché se noi decidiamo che invece di un suino al metro quadro, come avviene oggi, ne mettiamo metà e usiamo due metri per ogni suino, probabilmente la gestione di un suino con la coda lunga è fattibile, ma appunto dobbiamo ridurre del 50% i suini allevati. È una scelta che ci possiamo permettere in Italia o in Europa? Perché ci risulta che, in quasi tutti i Paesi, nessuno vuole rinunciare al taglio della coda. Anche in quelli con un ciclo molto più veloce del nostro, con animali fino a 100-110 kg che rimangono in allevamento massimo 6 mesi, a differenza dei nostri 9-10 mesi. Inoltre, in Italia siamo importatori di suini vivi e suinetti dall’Olanda, dalla Germania, dalla Danimarca che arrivano comunque con la coda tagliata. Cosa ci stiamo raccontando? Anche i nostri partner che hanno situazioni non dico facili, ma meno difficili dell’Italia, preferiscono tagliare la coda. Capisco che forse non è l’ideale per l’immagine bucolica degli allevamenti così di moda sui media, ma appunto l’alternativa è dimezzare il numero di animali. È questo che vogliamo fare, importando così una marea di carne da Asia, Brasile, Canada, Stati Uniti? Dobbiamo fare delle scelte, ma questa oggi non è sostenibile.
Cosa succederebbe se tutti gli allevatori dovessero richiedere questa deroga? Si potrebbe sperare in un ridimensionamento della situazione?
Forse sì, però andremmo ad imbarcarci in un sistema di contenzioso e di conflittualità con l’Autorità sanitaria. Già quando abbiamo fatto la riunione di cui sopra, ci è stato detto che non ci sono i mezzi come organico per poter controllare a tappeto tutti gli allevamenti. Ma hanno detto che devono applicare la legge. In altre parole, se non è stato fatto tutto quello che c’era da fare, come mettere materiale manipolabile, la paglia, il fieno, la corda, il legno (tutte quelle cose che non sono così facili da applicare in un allevamento intensivo di suini), loro “devono applicare la legge”, il che vuol dire bloccare l’allevamento. Sapete cosa vuol dire a livello di gestione dei problemi di salute degli animali? Sono dei problemi enormi. In ogni caso, tornando alla deroga sul taglio delle code, una cosa è certa: è impossibile arrivare ad una situazione in cui negli allevamenti le code dei suini siano intere nella totalità dei casi entro la fine del 2024.
Questa deroga la si può ottenere nel momento in cui si è ottimali in tutto. Cosa significa?
Oggi non abbiamo dati certi al 100% di quali siano le situazioni nei vari allevamenti, ma da quanto ci risulta c’è una buona fetta di allevamenti non a posto con le richieste di deroga e con i miglioramenti che si è obbligati a fare. Altrimenti il rischio è che si convinca il proprio veterinario a firmare questa richiesta di deroga perché secondo lui non è possibile gestire l’allevamento con la coda lunga. Poi si deve anche dimostrare che l’allevatore ha fatto tutto. Io ho avuto il controllo dei NAS la settimana scorsa in scrofaia per il benessere animale e soprattutto la biosicurezza e PSA. I NAS trovano sicuramente qualcosa che non è a posto al 100%, anche se hai i tuoi veterinari dell’ATS che ti seguono. Il funzionario dei NAS verifica se è stato fatto tutto come prevede la legge. Se non lo è, si è in sanzione e quindi si ha un tempo massimo per mettersi a posto di 30 giorni, altrimenti devi chiudere l’allevamento. Andiamo avanti a lavorare in questo modo? Ci vuole il buonsenso e anche loro dicevano che non avevamo fatto niente di grave.
Ma se la maggior parte degli allevamenti suinicoli italiani sono piccoli, come ci si può aspettare che questi possano investire in migliorie varie, anche infrastrutturali?
È sicuramente auspicabile una conversione dei vecchi allevamenti verso una migliore efficienza, un maggiore benessere animale, un ridotto impatto ambientale ecc. Ma per farlo servono appunto risorse enormi. I colleghi tedeschi hanno chiesto 5 miliardi all’anno per 5 anni; gli hanno proposto 1 miliardo di € in 5 anni. Perché è questa la realtà. Bisogna riconvertire completamente gli allevamenti, e ne abbiamo una marea. Questo vuol dire enormi risorse. Tu Stato, Istituzione Pubblica, cittadino, mi imponi il cambiamento perché hai deciso che bisogna lavorare per il benessere animale e ridurre le emissioni? Ok, però mi devi dare anche le risorse per poter fare questo passaggio, perché sennò l’alternativa è la chiusura. Quindi: al governo italiano va bene ridurre di un ulteriore 30% il numero di suini allevati? Perché è ciò che sta succedendo, con sempre più allevatori in chiusura perché non hanno risorse per fare i cambiamenti, o perché non ne possono più delle imposizioni burocratiche di un sistema di stampo a volte letteralmente poliziesco. Molti se possono mollano e parecchi lo stanno già facendo. Siamo già importatori del 35-40% di carne suina e dobbiamo ancora ridurre i numeri? Perché questo sta succedendo, alla faccia dell’autonomia alimentare a cui dovremmo aspirare. E poi ci beiamo davanti allo specchio ripetendoci che siamo l’eccellenza della produzione di salumi nel mondo. Dovremmo avere dei progetti, per sviluppare un settore.
A proposito di riduzione dei capi, si può continuare ad avere suini con la coda tagliata se gli si garantisce allo stesso tempo un 30% di spazio in più, ovvero il 30% di animali in meno. È fattibile? O economicamente sostenibile?
Il 30% di spazio in più per i maiali a coda lunga significa aumentare i costi di produzione per gli allevatori e, appunto, per il Paese avere il 30% in meno di carne suina. Vorrà dire che verrà importata dall’estero. Bisogna che ci sia una decisione da parte del governo. Possibilmente saggia.
Il 15% degli animali a coda non tagliata dovrebbe essere tenuto separato dagli altri suini. Non si rischia di avere problemi di pareggiamento per quanto riguarda la taglia, e ritrovarsi in questo 15% con animali di taglie anche molto diverse fra loro a convivere nello stesso box, peggiorando così la salute ed il benessere animale?
Se non si riduce la densità degli animali in allevamento si va sicuramente incontro a problemi di cannibalismo. Se si deve dare spazio a questi animali con la coda lunga, e ripeto il 30% di spazio in più è poco, probabilmente ne serve oltre il 50%, e non si vuole ridurre gli animali perché si è strutturati in un ciclo chiuso con le varie fasi, si è abituati a svezzare ed ingrassare tutti i propri suini, se si vuole mantenere questo sistema di allevamento, si deve per forza di cose – per gli altri che rimangono con la coda tagliata – aumentare la densità, il che vuol dire più problemi. E poi non si può, come si fa oggi normalmente durante il ciclo di vita, attuare il pareggiamento che permette di avere un prodotto gradito all’industria di macellazione. Il che rappresenta una penalità quando si vendono i propri animali al macello. Risultato? Riduzione del reddito del proprio allevamento, e problemi in più sia dal punto di vista sanitario, che della qualità del prodotto finale.
Sul sito di Assosuini avete pubblicato un post in cui voi allevatori chiedete esplicitamente che si eviti il divieto di caudectomia nel 2025. Perché? Non pensate proprio che sia un passo avanti per il benessere?
Perché oggi non c’è alternativa, se non – come accennavo – quella di ridurre del 50% il numero di suini allevati. Bisogna decidere cosa si vuole fare. Vogliamo ridurre della metà i suini allevati, o abbiamo lo spazio sufficiente per evitare il disastro sanitario che si rischia quando si hanno suini con la coda lunga? Uno dei pochi allevamenti in regime biologico in Italia, con suini allo stato brado, non in stalla, ha dovuto tornare a tagliare le code ai suinetti, perché aveva problemi sanitari enormi. Nonostante possano razzolare nei terreni, che è obbligatorio nel biologico, ha dovuto fare marcia indietro perché aveva problemi enormi di conflitto tra gli animali, con ferite e alta mortalità. Questo vuol dire continuare a usare grandi quantità di antibiotico, se non vuoi perdere gli animali. Ma nel sistema biologico l’antibiotico non è previsto, per cui questo allevatore ha smesso di tenere la coda lunga. Se fosse possibile tenerla, gli allevatori sarebbero anche d’accordo, perché il taglio rappresenta un lavoro e un costo in più per l’allevatore. Sarebbero contentissimi di poterlo evitare, ma non è possibile. Sarebbe invece meglio evitare altre cose che ci obbligano ancora a fare, tipo marchiare le orecchie dei suinetti e la coscia nel sistema DOP. Sono tecniche antiquate, direi medievali: un’operazione contro il benessere, perché pratichiamo due ferite, eppure ci obbligano ancora a farlo. Cominciamo a trovare delle alternative come i microchip, che oggi dovrebbero essere la cosa più logica con l’innovazione tecnologica. Servirebbe anche per arrivare al consumatore, per la tracciabilità, evitando di procurare ferite inutili all’animale. E invece no, la retorica animalista si oppone al taglio delle code, e noi dobbiamo assoggettarci alle fisime di chi, molto spesso, in un allevamento non ci ha neppure mai messo piede.
Fonte: Rivista di Suinicoltura – n.11 dicembre 2023