Il numero di cinghiali è in continua crescita e non si arrestano i danni che provoca la loro diffusione mal gestita. Basti pensare che la popolazione di cinghiali in Italia è aumentata in sette anni del 45%, una proliferazione altissima che conta ben un milione e mezzo di esemplari. È quanto emerge dall’analisi sulla diffusione della specie effettuata dall’ISPRA, focalizzandosi in modo specifico sulle conseguenze negative della proliferazione di cinghiali in agricoltura e sul lavoro delle imprese agricole.
I dati ISPRA, presentati durante il convegno “Fauna selvatica e territori: conoscere per gestire“, organizzato a Viterbo dalla Confederazione e l’Ente Produttori di Selvaggina, segnalano che gli abbattimenti sono stati circa 300mila all’anno, di cui 257mila in caccia ordinaria e 42mila in interventi di controllo faunistico. Il 30% dei contenimenti totali è stato effettuato in Toscana.
I danni all’agricoltura, come si può ben immaginare, sono ingenti: una media annuale di oltre 7 milioni di euro e una stima complessiva di poco inferiore a 120 milioni di euro di danni, per un totale di oltre 105mila casi. Abruzzo e Piemonte sono le regioni più colpite, con circa 18 e 17 milioni di euro nel periodo considerato, mentre Toscana, Campania e Lazio hanno registrato oltre 10 milioni di danni all’anno.
L’analisi ha anche evidenziato che la gestione non adeguata di alcune specie selvatiche può avere devastanti conseguenze, tra cui la diffusione di epizoozie con effetti sulle attività economiche del settore primario; danni alla flora locale; marginalizzazione delle imprese agricole; abbandono di interi territori in particolare montani e collinari; pericoli per l’incolumità pubblica nelle zone rurali e nei pressi dei centri abitati. Per non parlare ovviamente dei possibili effetti sugli allevamenti suinicoli di una diffusione incontrollata della PSA, Peste Suina Africana (qui la lettera aperta di Assosuini ai nostri politici, per prendere misure concrete prima che sia troppo tardi!).
La Legge di Bilancio 2023 ha previsto degli interventi fondamentali, anche se sono necessarie azioni più specifiche su alcuni aspetti che interessano direttamente allevamenti e aziende agricole, come una migliore gestione del periodo di apertura della caccia, la previsione di una maggiore selezione di alcune specie ed un più efficace sistema di risarcimento dei danni.
Il problema della diffusione non gestita dei cinghiali coinvolge direttamente gli agricoltori, ma ormai si tratta di un fenomeno che non riguarda più soltanto il settore primario. Infatti, se malauguratamente capitasse un cinghiale con la Peste Suina Africana in una delle province vocate all’allevamento di suini o alla produzione di salumi, sarebbe la fine dell’intera filiera suinicola DOP a causa del blocco delle esportazioni, in primis verso gli USA.
Si auspica quindi che venga messo in atto un piano organico di interventi mirati, che ponga fine alla diffusione fuori misura di alcuni esemplari di fauna selvatica anche in ambienti non caratteristici.