Da un lancio di agenzia di alcuni giorni fa :
apprendiamo che il Consorzio del Prosciutto di San Daniele annuncia che, relativamente agli ultimi quattro mesi per il prodotto friulano si è registrato un calo della produzione per il 10 per cento ma un incremento delle vendite nella grande distribuzione, dunque del prodotto stagionato, per il 30/35 per cento e accelerazione delle vendite online. Se veramente fosse andato tutto così bene non comprendiamo perché il direttore Cicchetti evidenzi un contesto che rimane di “grande incertezza per il futuro”..
La notizia ci fa rimanere basiti.
Secondo il VI report settimanale IRI “Mercato salumi”, aggiornato a fine aprile 2020, si evince che il prosciutto crudo ha subito cali al consumo sia per quanto riguarda il servizio a banco che per quanto riguarda l’affettato in vaschetta. Nel primo caso si è registrata una pesante flessione pari a -31,7% a volume e -30,5% a valore, nel secondo caso pari a -2% a volume e un +1,2% a valore.
E’ chiaro pertanto che sia necessario fare chiarezza su questo punto.
Anche perché è noto a tutti quello che sta succedendo nel nostro settore. Negli ultimi mesi si è assistito ad un importante calo delle macellazioni (20-30%) a causa del fatto che i prosciuttifici hanno calato l’acquisto di cosce in quanto i locali di stagionatura sono al collasso. Questo ha comportato un allungamento del tempo di presenza dei suini in allevamento con evidente aumento dei costi produzione e, come se non bastasse, ad un costante calo delle quotazioni di mercato che nell’ultimo mercato hanno toccato un valore nettamente al di sotto dei costi di produzione (1,102 euro).
A questo punto ci sembra doveroso e necessario rimarcare il fatto che ci sono prodotti DOP di serie A e prodotti DOP di categoria inferiore, e di conseguenza ci sono Consorzi di Tutela che lavorano bene ed altri che hanno disatteso il proprio mandato.
Il vissuto dei due prodotti è sempre stato abbastanza diverso, con il prosciutto di San Daniele che gode di un’aura di prodotto leggermente più costoso ma che si pone qualitativamente ad un livello superiore.
Certo, i numeri sono diversi, con il prosciutto friulano che nel 2019 avvia alla produzione 2.600.000 pezzi ed il Prosciutto di Parma che nel 2018 marchia 8,5 milioni di prosciutti.
Ma se il Prosciutto di San Daniele riesce ad aumentare il volume di vendite in piena emergenza Covid, qualcosa non torna.
Forse è giunto il momento di chiedere con forza che gli allevatori di suini, che all’interno della compagine consortile dovrebbero avere una rappresentatività pari all’ 11,33 %, (solo teorica), escano da tale organo, per non essere complici di una gestione scellerata che non sta adempiendo alla sua mission istituzionale (valorizzazione, tutela, promozione, ecc).
Gli allevatori che da parecchi anni stanno con forza chiedendo di avere più voce in capitolo sono sempre stati trattati come “i figli della serva”.
Dovevano sedere in consiglio, perché così è stabilito dallo statuto per avere la possibilità di fare davvero filiera.
Anche negli ultimi mesi abbiamo assistito ad un teatrino relativo alla revisione dei Disciplinari produttivi delle DOP con un evidente appesantimento delle operazioni giornaliere a causa dei nuovi Piani di Controllo.
Nonostante molte delle proposte di modifica avessero a che fare con il mondo produttivo allevatoriale, i suinicoltori sono stati messi davanti al fatto compiuto. E anche quando sono state avanzate richieste di chiarimento e modifica, queste sono state completamente disattese. Le modifiche inerenti il mondo agricolo sono state fatte per assecondare gli interessi di pochi, non per il bene comune, non per il futuro della DOP.
La stessa Commissione interprofessionale Consortile si è dimostrata essere un organo di facciata visto che ha avanzato proposte di modifica che non sono state minimamente prese in considerazione.
Ed infatti il grosso degli allevatori si è trovato davanti un qualcosa di precostituito e le eccezioni che hanno sollevato in seguito non sono state per nulla accolte.
A questo punto vien da dire “Fate, ma fate senza di noi”.
Se non abbiamo alternativa, continueremo ad essere fornitori della materia prima (ciò che desidera il Consorzio), ma non complici delle “nefandezze” di chi si ritrova con i magazzini pieni di merce, a volte qualitativamente di scarsa qualità, che non riesce a collocare da nessuna parte, e non ha il coraggio di cambiare la sua politica aziendale.
E’ evidente a tutti che manca una totale politica di programmazione sia qualitativa che di export, a differenza di quello che da anni fanno i nostri competitor europei.
Come se l’unica cosa importante fosse comperare le cosce al prezzo più basso possibile, metterci sopra un marchio, e lamentarsi se il mercato non tira.
E se questa è la base imprenditoriale del Consorzio del Prosciutto di Parma diventa quasi inevitabile trovarsi una Governance dello stesso Consorzio non all’altezza del compito, anzi alla luce del disastro in atto, oltre che incapace, anche irresponsabile. In qualsiasi azienda sana, come minimo Presidenza e Direzione sarebbero state messe in discussione e probabilmente le teste sarebbero saltate. Sarà per questo che alcune aziende consorziate hanno deciso di andarsene?
E invece NO, meglio “morire” che cambiare qualcosa.
Altro che “patto di filiera”, altro che “nessuno deve chiudere”, altro che “dobbiamo comprare/vendere + made in Italy”, slogan ripetuti anche all’ultimo tavolo nazionale suinicolo del 15 aprile, e dallo stesso governo!
Scusate lo sfogo, ma qualcuno deve dire come stanno le cose.
Dobbiamo dirci la verità: questa gestione sta portando ad un impoverimento del settore, e al fallimento della suinicoltura, e magari consente a qualcuno di fare speculazione….”mors tua….vita mea”….. sembra essere il “vangelo” di questa finta-ipocrita filiera! I dati presentati da IRI sono molto chiari. A fianco di un generalizzato calo in volume si è assistito ad un aumento in valore delle vendite.
Se questo è l’andazzo il peggio deve ancora venire? …………..BASTA PER FAVORE!
Dobbiamo cambiare tutti, a cominciare da noi allevatori, ma questo concetto vale anche per i macellatori, per i salumifici, per i prosciuttifici, per la grande distribuzione, e per la dirigenza politica regionale e nazionale. E’ ora di cominciare a parlare di interprofessione, copiando gli esempi in Europa, per riuscire a dare un indirizzo di filiera a questo settore.
Ma cambiamo partendo da un proverbio; “Il saggio vuole sempre imparare, l’ignorante vuole sempre insegnare”….AMEN