Cambiamenti climatici, crisi energetica, inflazione, Peste Suina Africana, sconvolgimenti sui mercati internazionali delle materie prime, degli alimenti zootecnici, l’aumento dei costi di produzione, il conflitto tra Russia e Ucraina: il settore suinicolo si trova di fronte a delle sfide eccezionali. Tutto questo è stato oggetto di un’accesa discussione all’evento organizzato a Fiere di Parma da Teseo Clal, “La filiera suinicola alla prova del dialogo”, per stimolare il dibattito sulla situazione attuale tra tutti gli attori della filiera italiana, che di fatto è sempre stata poco capace di fare sistema.
Il workshop ha visto la partecipazione di importanti protagonisti del comparto, dalla mangimistica alla distribuzione: Ruggero Lenti (Presidente Assica), Michele Carra (V. Pres. Assalzoo), Alessandro Utini (Presid.Consorzio prosciutto di Parma), Giuseppe Villani (Pres.Consorzio prosciutto San Daniele), Rudi Milani (Pres. Federsuini Confagricoltura), Antenore Cervi (CIA), Sergio Visini (Confagricoltura) ed altre figure di primo piano di Coop, Conad e Metro, con le conclusioni di Francesco Pizzagalli, presidente IVSI, l’Istituto Valorizzazione Salumi Italiani.
“Durante l’evento è stata fatta una panoramica precisa in Italia e nel mondo, con dati e numeri che parlano chiaro”, commenta il Presidente di Assosuini, Elio Martinelli: “Nel 2021 sono spariti più di 4 milioni di capi, in tutta la UE compresa l’Italia. Solo in Lombardia, nel primo semestre del 2022, abbiamo avuto 185mila capi in meno, ed è un andamento continuo, perché gli allevamenti chiudono. Anche le macellazioni seguono lo stesso trend, con 200mila suini macellati in meno, 306mila cosce in meno per le DOP e 353 mila tonnellate in meno come volumi di macellazione nel giro di 8 anni, dal 2013 al 2021.” Davvero tanti, sottolinea il Presidente di Assosuini: “A livello di export invece i dati sono ancora positivi per i salumi, con un aumento del 2,2% nel 2022 rispetto al 2021, che corrisponde a 110mila tonnellate in più di export. Ma è l’import di carni suine che ha registrato un +10,4%, cioè27 mila tonnellate, mentre il Prosciutto di Parma DOP ha avuto un milione e 600mila sigillature in meno. Un calo non da poco, mentre il San Daniele è più stabile”.
Una decrescita preoccupante, dunque, che riflette l’andamento della situazione attuale, con i costi aumentati vertiginosamente: “Solo i costi di alimentazione del suino all’ingrasso registrano un +0,63 euro al kg, che vuol dire un prezzo finale del suino vivo di 2 euro e 03 – continua Martinelli – con un aumento del costo della coscia dedicata alla trasformazione DOP o non DOP, che si ripercuote sul consumatore. C’è un rischio concreto per il futuro, perché cala il numero di allevatori, il numero di suini allevati e macellati (e calerà il numero di macelli in futuro?), e non ci sarà spazio per tutti per andare avanti. A valle anche i prosciuttifici si trovano in una difficilissima situazione di crisi. Ormai il costo di produzione della coscia DOP è previsto di oltre i 10 euro per l’anno prossimo e con il costo di produzione condizionato dal costo energetico e delle materie prime, si fa fatica a vendere e ad andare avanti”.
Secondo il Presidente di Assosuini, all’evento c’è stato un bel dibattito, ma mancava una parte considerevole in termini di potere decisionale sulla filiera, dove non c’è mai stata collaborazione, ma solo rapporti economici, dove ognuno fa i propri interessi a discapito dell’altro. “È giunta l’ora di fare qualcosa insieme, ma non vedo volontà in merito, con troppe criticità ancora da chiarire, in primis nella DOP, che è quella che ci condiziona maggiormente”, spiega Elio Martinelli: “Perché se per affrontare la decrescita l’unica strada da seguire è diminuire i numeri con la chiusura come prospettiva, non mi pare che questo possa essere un vero progetto di una filiera che si vanta di essere rappresentante della miglior qualità del mondo. Si dovrebbe parlare di crescita, di progetti per il futuro, di mercato e soprattutto di export. Perché un prodotto che costa di più e merita di più, va indirizzato verso un mercato con potere di acquisto più alto della media, e possiamo farlo solo se affrontiamo tutti i mercati che ci sono nel mondo, dove i consumatori non hanno problemi di capacità di acquisto e sono interessati ad un prodotto che fa la differenza in termini di qualità, di gusto ecc. In questa filiera non c’è mai stata una vera governance ed è ora di farla, per confrontarsi ed elaborare insieme una visione strategica, un progetto da condividere per il futuro”.
Anche Francesco Pizzagalli dell’IVSI e Ruggero Lenti di Assica hanno fatto capire nelle conclusioni che ci saranno dei grossi cambiamenti a cui tutte le imprese del settore dovranno adeguarsi come Comunità Europea entro il 2024, al fine di avere in due anni una produzione più compatibile con l’ambiente e con il benessere degli animali. Serve quindi un lavoro di formazione per aiutare le imprese a cambiare senza stravolgimenti. “Sarebbe importante avere un coinvolgimento delle Regioni, con delle proposte che non restino solo sulla carta”, conclude: “È un peccato che vada avanti un sistema selvaggio di mercato e perdere una parte di imprese fatte da persone per bene che lavorano, perché quando si chiude un’impresa è sempre una sconfitta. Ho provocato un dibattito in questo incontro interessante, che è un momento di analisi della realtà del settore. Dobbiamo mettere in piedi un tavolo di filiera strutturato che si organizzi e faccia un gran lavoro per affrontare il futuro”.
Grazie Teseo-Clal per lo stimolo!
Foto in evidenza di Teseo-Clal