La PSA è arrivata in Lombardia: ultima chiamata

Ci siamo. Quello che tutti temevano si è purtroppo avverato. La Peste Suina Africana è arrivata in Lombardia, alle porte delle zone di produzione più importanti della filiera suinicola. È stato ufficialmente riscontrato un caso di positività alla PSA in un piccolo allevamento di maiali, agriturismo con 100-160 capi a conduzione familiare nel Pavese, precisamente a Montebello della Battaglia, nel comune di Zinasco in provincia di Pavia. Venerdì scorso il secondo caso, in un allevamento intensivo di 1000 capi da ingrasso con circa animali 400 morti nelle ultime settimane. E oggi il terzo caso, in un altro allevamento da ingrasso con 2300 capi. La cabina di regia si è finalmente riunita con gli Assessorati e le Direzioni Generali Welfare e Agricoltura di Regione Lombardia, l’ATS di Pavia, l’IZSLER (Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna) e Vincenzo Caputo, Commissario Straordinario alla PSA.

Tutto è iniziato quando il proprietario dell’azienda, che rientra nella zona di restrizione, con circa un migliaio di animali da ingrasso, si è insospettito per un aumento anomalo della mortalità, con il decesso progressivo di circa 400 animali. Sono subito iniziati gli accertamenti con l’indagine epidemiologica eseguita dal personale del Dipartimento Veterinario della ATS di Pavia, dell’Unità Operativa Veterinaria di Regione Lombardia e dell’Istituto Zooprofilattico, che ha escluso il contatto diretto fra i maiali e cinghiali, grazie alla presenza di specifiche misure di biosicurezza previste dalle norme adottate dall’allevamento.

Sono attualmente in corso, sotto la supervisione della ATS di Pavia, le attività di depopolamento di 160 capi dell’allevamento, e sono stati fatti dei campionamenti per indagare sulle possibili cause, come un contatto indiretto con automezzi aziendali o mangimi. Si tratta di un caso isolato e non sono stati messi in evidenza contatti a rischio con altri allevamenti, ma verranno incrementate nelle zone vicine le misure di precauzione, con attività di sorveglianza e di contenimento dei cinghiali.

Assosuini è da molto tempo che fa appelli, sempre ignorati, per evitare che i contagi arrivino nelle zone in cui si rischia di far saltare le produzioni delle eccellenze italiane. E adesso ci siamo, come commenta il Presidente di Assosuini, Elio Martinelli: “Siamo stati dei tristi maghi che hanno previsto quello che sta succedendo. Piano piano, non prendendo delle decisioni importanti di contenimento e riduzione drastica dei cinghiali, è successo il peggio. Adesso dobbiamo chiedere alle autorità di controllare a tappeto tramite i veterinari dell’ATS le zone a minimo 50 km da dove sono successi questi casi e tutto il territorio del nord. Ogni settimana il veterinario dell’ATS deve sapere di preciso la mortalità che avviene in ogni allevamento. Ogni ASL dovrebbe avere un monitoraggio completo e sapere se ci sono dei casi di mortalità sospetta”. Inoltre, aggiunge Martinelli, “sarebbe utile fornire dei finanziamenti a fondo perduto all’80% compreso IVA per i comuni vicino alle zone interessate, per realizzare in tempi brevissimi recinzioni per tenere alla larga i cinghiali.

Sembra incredibile, soprattutto considerando il governo in carica, ma “la politica ha paura di andare contro l’opinione degli animalisti – sottolinea il presidente di Assosuini – quindi ho poca fiducia, ma una gestione attraverso l’esercito che possa coordinare i cacciatori e ridurre drasticamente il numero dei cinghiali può essere sicuramente importante. Quindi lo chiediamo ancora e chiediamo anche ai nostri allevatori di essere più responsabili. Non vorrei che per colpa di uno su 5.000 mandiamo in tilt un settore, e se succede qualcosa, gli allevatori devono dirlo subito”.

“Le esportazioni di carni suine e salumi nel mondo sono state sole nel 2022 di quasi tre miliardi di euro”, aggiunge il presidente Martinelli: “Se il virus della PSA entra negli allevamenti lombardi ed emiliani, dove si concentra la maggior parte delle produzioni italiane, rischiamo di dovere abbattere decine di milioni di capi, e possiamo dire addio all’export per parecchio tempo.”

Insomma, oltre agli ingenti danni economici, da cui molti allevatori potrebbero non riprendersi più, rischieremmo di restare esclusi dai commerci internazionali per un numero imprecisato di anni. Un’intera filiera di “eccellenze”, come piace ripetere ad alcuni fan della “sovranità alimentare”, sacrificata all’inedia istituzionale e all’incompetenza.

Ultima chiamata, insomma. Vediamo cosa serve ancora per fare svegliare chi di dovere in ambito istituzionale.

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