La Peste Suina Africana (PSA) non sembra volersi fermare, e rischia di diventare una vera minaccia per il settore suinicolo italiano. Peggio, si fa presagire come prossima catastrofe annunciata. Per iniziare finalmente ad affrontare e quindi arginare il problema, è stata recentemente presentata un’interrogazione parlamentare al Ministro della salute e al Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. Nel testo, presentato alla Camera dall’Onorevole Matteo Richetti (Azione), si auspica un intervento tempestivo per evitare conseguenze che potrebbero essere disastrose.
Il virus della PSA, che colpisce i suidi come cinghiali e maiali ma è innocuo per l’uomo, sembra al momento circoscritto ai cinghiali selvatici presenti in alcune zone del Paese, come Sardegna, Piemonte, Liguria e Lazio. Ma se la malattia dovesse raggiungere gli allevamenti di maiali, soprattutti quelli in Lombardia ed Emilia-Romagna, sarebbe una strage per il settore. Tra i vari effetti, infatti, ci sarebbero l’obbligo di abbattimento di tutti i capi di bestiame e blocco dell’esportazione di prodotti a base di carne suina. I tempi di ripresa dell’attività di allevamento e della produzione sarebbero poi misurabili in anni, con perdite economiche ingenti e danni di immagine inqualificabili per le DOP e il Made in Italy.
Il problema può essere risolto. Belgio e Repubblica Ceca sono riusciti a sconfiggere la PSA nel giro di due anni, a testimonianza che si può vincere contro questo virus, agendo in fretta e secondo un protocollo ben preciso. Questo prevede limitazioni ferree delle zone infettate e delle zone cuscinetto, all’interno delle quali non deve più essere praticata nessuna attività umana, perché le ruote delle auto e le scarpe delle persone possono diffondere il virus fuori dalle zone infettate. Ecco perché all’interno di queste zone, che devono assolutamente essere recintate, vanno costituiti dei corridoi chiusi che permettano di abbattere tutti i cinghiali presenti della zona infettata, evitando che essi scappino ed infettino altre zone. Il Belgio a proposito ha finanziato 300 km di recinti in collaborazione con Francia e Lussemburgo, investimento che ha portato i suoi frutti. Si rende poi necessaria l’eliminazione di tutte le carcasse infettate attraverso protocolli rigidi di biosicurezza: misure drastiche, ma necessarie alla sopravvivenza della specie.
In Italia è stato nominato un commissario nazionale per la PSA, ma il suo operato finora non è stato soddisfacente, non disponendo delle necessarie risorse. Non a caso, l’area infetta è più che raddoppiata nel giro di un anno. Nell’interrogazione parlamentare di Richetti viene denunciato che il numero di cinghiali abbattuti nelle zone infette è irrisorio e non sono state avviate nemmeno campagne di sensibilizzazione dei sindaci e dei cittadini, che non sanno come comportarsi in caso di ritrovamento di una carcassa di cinghiale. In Piemonte, la Giunta regionale aveva disposto restrizioni per le aree infettate, ma è poi tornata sui suoi passi prevedendo ampie deroghe, permettendo ad esempio le competizioni di pesca sportiva, purché si parcheggi sull’asfalto, o il trekking sui sentieri, purché i cittadini cambino e disinfettino le scarpe o le ruote delle biciclette. Insomma regole inefficaci, che lasciano troppa discrezionalità e sul cui rispetto è pressoché impossibile vigilare.
Anche per quanto riguarda la provincia di Roma il commissario non ha definito un protocollo per bloccare l’infezione e, a causa delle problematiche nella gestione dei rifiuti e della presenza di cinghiali in città, la situazione può facilmente sfuggire di mano, come dimostra il caso dell’esemplare trovato positivo a Roma, che si è probabilmente infettato mangiando rifiuti e scarti di carne infette. Emerge quindi chiaramente la gravità della situazione e servono urgenti iniziative per scongiurare i gravi rischi che potrebbero derivare dalla sua diffusione.
Come sostiene anche Caterina Avanza, nel direttivo nazionale di Azione (Responsabile dell’agricoltura) e Consigliera politica al Parlamento europeo nel gruppo Renew Europe: “Come Azione abbiamo pensato che la prima cosa da fare quando c’è un’emergenza come la Peste Suina è agire in fretta. L’abbiamo visto con la Xylella, che è stato un disastro. Quindi abbiamo voluto accendere i riflettori con un’interrogazione parlamentare portata dall’onorevole Ricchetti, proprio per spingere il governo ad agire più in fretta.” C’è stato un Commissario che, “a nostro avviso, non ha fatto un buon lavoro di coordinamento”, aggiunge Avanza: “Adesso il Commissario è stato sostituito e speriamo che le cose cambino. Però quando il Commissario dice che sono le Province che devono occuparsi di questo problema, è molto preoccupante, perché le Province in Italia non hanno né i mezzi, né la struttura per fare i recinti, che vanno fatti solidi, non mobili. Poi vanno fatti i corridoi dove si possano abbattere i cinghiali in tutta la zona rossa. I cinghiali abbattuti sono stati molto pochi e quindi ovviamente l’infezione si espande. È duplicata in un anno e quindi per noi adesso è ora di agire. Se è necessario l’esercito, benissimo, ma non si può mettere in pericolo l’export italiano”.
E sulle misure da prendere, Caterina Avanza cita l’esempio belga: “Il Belgio ha lavorato molto sul coordinamento, sia regionale che con i paesi limitrofi Lussemburgo e Francia, recintando tutto. Quindi 300 km di recinti solidi e hanno abbattuto tutti i cinghiali presenti nelle zone, con biosicurezze per le carcasse. Hanno anche limitato completamente le zone, cioè hanno tolto qualsiasi attività umana. In Italia, quando queste misure sono state prese, alla prima lamentela del sindaco, che non è stato sensibilizzato sulla gravità della situazione e le conseguenze che tutto ciò può avere, sono state alleggerite le restrizioni prese dalla Regione. Quindi l’attività umana è continuata e anche l’infezione ha continuato ad andare avanti. Ci vogliono drasticità, interventi rapidi, decisioni politiche e un po’ di coraggio”.
Sottoscriviamo le parole di Caterina Avanza, e ci appelliamo al governo affinché possa prendere misure tempestive, efficaci e se serve straordinarie. Prima che sia troppo tardi.