Al Massachusetts General Hospital negli Stati Uniti, è stato eseguito con successo il primo xenotrapianto, cioè un trapianto da una specie diversa dalla nostra: un rene di maiale geneticamente modificato, per evitare il rigetto. Si tratta di un intervento storico, che potrebbe rappresentare una pietra miliare per la medicina e aprire la strada della salvezza per migliaia di persone che aspettano un trapianto. Dalla produzione dell’eparina anticoagulante, all’insulina per diabetici, ancora una volta si conferma quanto il suino e in generale gli animali da reddito siano importanti per ragioni che vanno ben oltre il cibo.
La possibilità di usare organi provenienti da altri animali per i trapianti umani non è un’idea nuova, e la ricerca negli ultimi anni ha fatto passi da gigante. Sviluppare questo tipo di trapianto è importantissimo per far fronte alla grave mancanza di organi umani disponibili per il gran numero di pazienti che ne hanno bisogno e aspettano di riceverne uno. In Italia, ad esempio, secondo il Sistema Informativo Trapianti, la lista d’attesa è di quasi 8.000 pazienti, per un totale di oltre 9.000 iscrizioni, con alcune persone che aspettano di ricevere più di un organo. A fronte di una richiesta così ampia e urgente, la possibilità d’impiegare organi di altre specie rappresenta una soluzione salvavita per moltissime persone. Il maiale a proposito, si è rivelata la specie più adatta a questo scopo, per la grandissima similarità con l’essere umano, con cui condividiamo gran parte del materiale genetico. Perfino le dimensioni e la struttura degli organi somigliano molto a quelle umane.
Tuttavia, esistono ancora alcuni limiti da superare per impiegarli con successo negli xenotrapianti. Tra questi c’è il rigetto, in quanto il sistema immunitario umano riconosce gli organi del maiale come estranei e li attacca, oppure il rischio della presenza di retrovirus in grado di infettare gli esseri umani. Ma oggi, grazie ai progressi nell’editing genetico, è possibile superare anche questi problemi. Infatti, modificando in modo mirato il DNA suino, è possibile rimuovere i virus e le proteine responsabili della risposta immunitaria. Ed è proprio quello che è stato fatto al rene usato dai medici statunitensi, in quanto proveniente da un maiale il cui genoma è stato modificato con la tecnica CRIPR-Cas9 dall’azienda eGenesis.
In pratica, oltre alla rimozione e inattivazione dei geni legati al rischio di rigetto e delle sequenze retrovirali, sono stati aggiunti anche specifici geni che promuovono la compatibilità con l’organismo umano. Anche gli studi in merito agli xenotrapianti sono sempre più incoraggianti. Su The Lancet, ad esempio, è stato pubblicato di recente uno studio che descrive i risultati di uno xenotrapianto di cuore da un maiale geneticamente modificato, intervento eseguito poi anche nell’Università del Maryland. È invece di pochi giorni fa la notizia del primo xenotrapianto di fegato suino, eseguita su un paziente dichiarato clinicamente morto, dove l’organo ha funzionato per dieci giorni.
Sono dati profondamente incoraggianti su quella che potrebbe essere la risposta alla gravissima carenza di organi. Eppure, in Italia questi studi potrebbero essere bloccati, e la strada per essere totalmente certi della bontà di queste operazioni potrebbe essere, purtroppo, ancora lunga. Nel nostro Paese infatti, la ricerca in questo campo rischia di non poter essere portata avanti, a causa del recepimento della Direttiva UE sull’uso degli animali a fini scientifici, che introduce due ulteriori limitazioni: il divieto dell’uso di animali negli studi, sia sulle sostanze d’abuso, sia per gli xenotrapianti d’organo. L’applicazione del divieto è stata posticipata più volte e la sua entrata in vigore è prevista per luglio 2025.
“In Italia i divieti pongono un limite sostanziale al mondo della ricerca, con l’unico risultato possibile che dovremo acquistare i risultati di questi studi da altri Paesi, risultati comunque ottenuti con l’uso di animali”, commenta Giuliano Grignaschi, portavoce di Research4Life: “Il divieto di usare animali per gli xenotrapianti e gli studi sulle sostanze d’abuso è insensato, perché non sono campi di ricerca differenti da altri che usano gli animali. Soprattutto, una riflessione etica coerente dovrebbe chiedersi se sia giusto fermare una ricerca che potrebbe salvare migliaia di persone, svantaggiando un gruppo di pazienti per mere ragioni politiche. La ricerca biomedica dovrebbe poter garantire la stessa dignità a tutte le persone malate”.