Una visione strategica per il futuro della suinicoltura italiana

A Fieragricola Verona, lo scorso 3 marzo, si è tenuto l’importante convegno “Quale filiera suinicola? Una visione strategica per il futuro della suinicoltura italiana”. Tra i relatori, il Presidente di Assosuini Elio Martinelli ed il Professor Gabriele Canali, del Dipartimento di Economia Agro-alimentare dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Molte le tematiche emerse, che hanno visto anche una sentita partecipazione del pubblico. Dopo un excursus approfondito sull’andamento dei mercati da parte del Prof. Canali, il Presidente Martinelli ha iniziato la sua presentazione con uno sguardo alla tensione dei mercati dovuti alla situazione attuale in Ucraina.

Il Paese è infatti il nostro secondo fornitore di mais, per cui non si prospetta un futuro roseo. “L’Italia è al decimo posto in Europa per scambi alimentari con l’Ucraina, per un fatturato complessivo di 496 milioni di euro, pari al 3% dell’export agroalimentare ucraino, in flessione del 19% su base annua”, ha spiegato Martinelli: “Il nostro Paese acquista dall’Ucraina soprattutto olii grezzi di girasole, frumento tenero e mais. Secondo l’ultimo rapporto dell’USDA, le scorte di mais e soia vedono un pericoloso calo”.

Positiva è invece la bilancia agroalimentare italiana grazie all’export, che raggiunge quota 52 miliardi, registrando una crescita del +18,2%, dopo la forte battuta d’arresto subita nel 2020. Martinelli spiega che a concorrere al risultato sono soprattutto le esportazioni dell’industria alimentare (+11,6%) e per effetto di queste dinamiche la bilancia commerciale del settore si conferma, oltre che in attivo, in ulteriore miglioramento nel 2021.

“Anche il Rapporto Ismea-Qualivita 2021 sulle produzioni agroalimentari e vitivinicole DOP IGP STG, pubblicato da Ismea e Fondazione Qualivita, confermano il ruolo strategico esercitato nei territori dalle filiere DOP ed IGP”, ha illustrato Martinelli al pubblico di Fieragricola: “La nostra è una filiera strategica e importante per il nostro Paese. Rappresenta più di 4.000 allevamenti in Italia con almeno 3.800 iscritti alle DOP e con oltre 450 scrofaie. Produce circa 8 milioni e mezzo di suini per anno, che sono in realtà poco più del 60% del fabbisogno di carne suina in Italia. Anche se questa produzione è scarsa, innesca comunque un indotto su tutta la filiera che vale quasi 20 miliardi di euro”.

Tra le criticità della suinicoltura italiana Martinelli pone invece l’accento sulle importazioni di materia prima dall’estero, che pesano per almeno il 35-40%, soprattutto di cosce. “L’industria riesce a usare sia il prodotto italiano che quello estero, attraverso vari sistemi di mescolamento della materia prima, vendendo il prodotto anche all’estero come se fosse italiano”, commenta Martinelli: “Ci sono molte criticità in questo momento, alcune anche croniche. Come il Decreto Genetica, che è di un’assurdità incredibile. Ecco perché Assosuini ha bisogno di essere condivisa da tutti gli allevatori: è una voce indipendente che vuole fare davvero il bene del settore, in primis quello dei suoi soci allevatori di suini”.

Martinelli spiega che chi vuole lavorare nel mondo delle produzioni DOP, dove i costi di produzione sono più alti, non può permettersi di avere una volatilità di prezzi così esagerato. Quindi propone un fondo mutualistico per scongiurare queste crisi di mercato e garantire un reddito alle aziende. Durante il convegno, il Presidente di Assosuini ha anche sottolineato l’importanza di prevedere in un Piano Nazionale, degli incentivi per valorizzare il prodotto, per fare più comunicazione al consumatore, sia in termini di marketing, ma anche in termini di sicurezza. “Serve avere un marchio che distingua la produzione del Made in Italy, sia per l’Italia con il mercato interno, Ma anche, e forse ancora più importante, per incentivare l’export. Questo vuol dire anche fare accordi di filiera, il che oggi purtroppo è inesistente”, prosegue Elio Martinelli: “C’è anche un problema di mentalità, ma è necessario far capire che l’aggregazione è strategica per il futuro”.

Serve favorire le Organizzazioni di Produttori (OP), per organizzarsi e gestire meglio l’offerta, il mercato e fare programmazione a medio-lungo termine. Quello che succede in altri settori come il latte, cioè le OCM, le Organizzazioni Comuni di Mercato, è indispensabile, secondo Martinelli, anche nel settore suinicolo: “Oggi la politica europea e, quella italiana e quella regionale non lo hanno previsto. E questo non è giusto, se crediamo che il nostro sia un settore strategico”.

Nelle sue conclusioni, Martinelli chiede anche che l’etichettatura sia una scelta definitiva. “Crediamo che questo provvedimento sia un percorso, non solo una prova di un anno. Bisogna riconoscere il diritto dei consumatori di sapere cosa mangiano quando comprano un prodotto”, conclude Elio Martinelli: “L’etichettatura, e quindi rendere più trasparente un prodotto al consumatore, è un diritto sacrosanto. Gli allevatori di suini hanno bisogno di una rappresentanza di categoria economica, oggi purtroppo messa in serio pericolo da come viene gestito il settore a livello di politica agricola comune e all’interno della filiera suinicola. Perché purtroppo la filiera non esiste.”

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