Con la crescente epidemia di Peste Suina Africana in Europa, è stato proposto l’abbattimento di massa dei cinghiali. Questa soluzione ha suscitato un acceso dibattito tra gli esperti di settore, cacciatori e veterinari. Finora l’uccisione dei cinghiali ha funzionato nelle isole, se ben pianificata, sistematica e organizzata nel lungo periodo.
Organizzare un’eradicazione efficace presenta però diverse criticità. Innanzitutto è molto difficile raggiungere un accordo tra le diverse autorità, il mondo accademico e le organizzazioni non governative, in quanto il cinghiale è una specie di selvaggina molto apprezzata, il cui sterminio viene contrastato dalle comunità venatorie.
Per queste infatti i cinghiali rappresentano un’importante risorsa economica che viene volutamente gestita, protetta e sfruttata, con importanti investimenti di tempo e denaro. Inoltre non è una specie invasiva o non nativa dell’Europa settentrionale e orientale, per cui la sua eradicazione va in conflitto con la legislazione nazionale sulla conservazione della fauna selvatica.
Studi in merito insegnano che i tentativi di eradicazione dei cinghiali hanno successo quando sono presenti prerequisiti logistici ed economici, l’accettazione sociale dell’uccisione, quando viene evitata efficacemente la loro reinvasione e quando viene garantito il monitoraggio dell’eradicazione.
La reinvasione da altre aree è infatti un’altra importante criticità, che vanifica tutti gli sforzi, nonostante il raggiungimento dell’estinzione a livello localizzato e anche i metodi di monitoraggio esistenti ad oggi non riescono a verificare efficacemente il successo dell’eradicazione. Inoltre in alcuni paesi dell’Europa orientale, la PSA è endemica nelle popolazioni di suini, per cui l’infezione può rimanere una minaccia nei suini domestici e nei sottoprodotti contaminati per lunghi periodi di tempo, anche quando i cinghiali sono assenti.
Il virus infatti ha la capacità di sopravvivere a lungo nell’ambiente, in particolare nelle carcasse dei cinghiali morti. Quindi il ciclo di trasmissione della malattia dipende non solo dalla densità e dall’interazione con animali vivi, ma anche dalla trasmissione carcassa-animale, rendendo possibile la circolazione della malattia anche a bassa densità di cinghiali.
Ricerche e simulazioni statistiche hanno dimostrato che le misure di gestione della popolazione di cinghiali per limitare la diffusione della PSA dovrebbero essere eccezionalmente drastiche. In pratica, sarebbe necessaria una riduzione preventiva dell’80% dei cinghiali, ma nelle zone in cui la malattia è già endemica, lo stesso livello di depopolamento non riuscirebbe comunque a garantire l’eradicazione della malattia a causa della presenza di carcasse infette.
Ad oggi quindi non è stata identificata una soglia minima di densità di popolazione per arrestare la trasmissione della PSA. Dalle simulazioni al computer si apprende che sarebbe più efficace una combinazione di diverse misure applicate contemporaneamente. Ad esempio, la rigorosa biosicurezza durante la caccia, la recinzione, la rimozione e lo smaltimento sicuro delle carcasse infette.
È necessaria anche la collaborazione e la cooperazione di tutte le figure coinvolte, al fine di una sorveglianza efficace e il coordinamento degli sforzi tra le autorità della fauna selvatica, i gestori della selvaggina, i cacciatori e i professionisti veterinari. Se in combinazione con questa serie di interventi, l’eradicazione dei cinghiali è in grado contribuire in modo efficace a ridurre la PSA e il rischio della sua diffusione.