Taglio della coda dei suini: tra normativa europea e impatti economici, un equilibrio ancora da trovare

Uno studio italiano analizza gli effetti del divieto di taglio della coda nei suini: aumentano i costi di produzione e le lesioni, mentre il benessere animale e la sostenibilità degli allevamenti restano in discussione.

Il percorso normativo che ha portato al divieto del taglio della coda nei suini è iniziato oltre quindici anni fa, con la direttiva 2008/120/CE, che stabilisce le norme minime per la protezione dei suini. Per la prima volta si affermava con chiarezza che il mozzamento della coda e la riduzione degli incisivi dei lattonzoli non devono costituire pratiche di routine, ma devono essere eseguiti solo in presenza di ferite o comportamenti anomali dovuti a condizioni ambientali o gestionali inadeguate.
La direttiva invitava quindi a intervenire sulle condizioni di allevamento e densità prima di ricorrere a queste pratiche.

In Italia, la direttiva è stata recepita con il decreto legislativo 7 luglio 2011, n. 122, entrato in vigore nel 2013. Nel 2017 si è poi svolto l’audit europeo di verifica sull’attuazione della normativa, da cui è derivato, nel 2018, l’avvio del percorso ministeriale di abbandono progressivo della caudectomia, con l’obiettivo di giungere al bando totale nel 2024.

Tuttavia, l’applicazione sul territorio nazionale è rimasta eterogenea: ogni regione ha agito di propria iniziativa, predisponendo piani di adeguamento o mantenendo deroghe temporanee. Di fatto, la normativa è rimasta in deroga fino alla fine del 2024, e il sistema allevatoriale si trova oggi in una fase di forte incertezza normativa e gestionale.

Lo studio italiano sulle implicazioni economiche della coda lunga

Un contributo importante al dibattito arriva da un recente studio pubblicato il 29 aprile 2025 sulla rivista Animals, intitolato “The Economic Implications of Phasing Out Pig Tail Docking: A Pilot Study in Italy”.
Lo studio è frutto della collaborazione tra l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, il Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Torino, il Dipartimento TESAF dell’Università di Padova e l’Istituto Zooprofilattico del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta.

Sono stati analizzati 22 allevamenti italiani in tre diverse fasi:

  1. Fase 1: suini con taglio totale della coda;
  2. Fase 2: lotti misti con sottogruppi di suini a coda integra;
  3. Fase 3: suini completamente a coda lunga.

I risultati: benessere e costi in conflitto

I dati clinici e produttivi raccolti indicano che l’allevamento di suini a coda lunga comporta conseguenze negative sia sul benessere animale sia sulla redditività aziendale.

  • Durante lo svezzamento, la fase 3 (suini a coda lunga) ha mostrato una maggiore incidenza di sindrome cutanea (p=0,008) e un aumento dell’uso di farmaci (p=0,017), senza variazioni significative nei costi dei medicinali.
  • Durante l’ingrasso, la fase 1 (taglio totale) ha evidenziato migliori indici di conversione alimentare (p=0,037) e maggiori rese di macellazione (p=0,028), con accrescimenti medi giornalieri più alti e mortalità inferiore rispetto ai lotti della fase 3 (p=0,004; p<0,002).
  • A livello economico, la fase 3 ha registrato un aumento del 10,9% nei costi di alimentazione, +13,2% nei costi dei terzisti e +18,9% nel costo totale di produzione per 100 suini rispetto alla fase 1.
  • Il costo di produzione per kg di carne nei lotti a coda lunga è risultato superiore del 7,4% rispetto alla fase 1 e dell’8,4% rispetto alla fase 2.

Ma il dato più significativo riguarda il benessere animale effettivo:
alla macellazione, la prevalenza di lesioni alla coda è stata del 41% nei suini a coda lunga, contro il 10% nella fase 2 e solo l’1% nella fase 1.
In altre parole, la presenza della coda integra aumenta di 40 volte il rischio di lesioni rispetto ai suini caudectomizzati.

Una situazione da gestire con pragmatismo

Alla luce di questi risultati, appare evidente che la rinuncia al taglio della coda, pur nata da un intento condivisibile di migliorare il benessere animale, genera effetti opposti se non accompagnata da interventi strutturali: spazi maggiori, arricchimenti ambientali efficaci, modifiche alle densità e alla gestione.

Senza queste condizioni, il rischio è di ottenere un peggioramento delle condizioni di vita dei suini, oltre a un aggravio economico significativo per gli allevatori.

Assosuini ritiene necessario che, a fronte del bando formale della caudectomia, si apra rapidamente un tavolo tecnico di confronto tra istituzioni, mondo scientifico e rappresentanze del settore per:

  • valutare i reali effetti delle misure in corso;
  • definire criteri di deroga trasparenti e sostenibili;
  • individuare strumenti di compensazione economica e di supporto tecnico per le aziende.

Solo così sarà possibile coniugare benessere animale e sostenibilità economica, evitando che una norma pensata per migliorare la vita dei suini si traduca, paradossalmente, in un danno per loro e per chi li alleva.

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