Nel dibattito che ha riunito il prof. Gabriele Canali (Università Cattolica), l’Assessore lombardo all’Agricoltura Beduschi Alessandro e la consigliera europea dei gruppi Renew e Zootecnia Sostenibile Caterina Avanza, è emerso un messaggio semplice: la prossima PAC non è solo una questione di “quanti soldi”, ma di come li investiamo per tenere insieme redditività, resilienza e consenso sociale delle nostre filiere.
Negli ultimi sessant’anni la PAC ha fatto crescere l’agricoltura europea. Con tutte le sue imperfezioni, ha dato stabilità e spinta allo sviluppo. Oggi però il quadro cambia: sul tavolo c’è una proposta di taglio del 20% del budget e una maggiore flessibilità agli aiuti di Stato che rischia di rinazionalizzare le politiche e creare squilibri nel Mercato Unico (chi ha più spazio fiscale, aiuta di più). In parallelo si parla di capping dei pagamenti diretti, con tetto attorno ai 100 mila euro e riduzioni progressive oltre certe soglie. Non è una rivoluzione: è il tentativo di spostare risorse da una logica “a pioggia” a una logica più mirata.
Qui entra la proposta che interessa da vicino anche la zootecnia suinicola: portare il modello OCM (quello che ha funzionato in ortofrutta e vino) anche in altre filiere, a partire dal latte e, per estensione, dove ci sono strutture associative e obiettivi misurabili, e adattabili per settori tipo SUINICOLO e Bovini ingrasso.
Perché? Perché le OCM consentono programmi pluriennali cofinanziati, con investimenti su benessere animale, sostenibilità, efficienza, tracciabilità, digitale. Non contributi una tantum, ma piani di filiera con governance e risultati!
È la stessa logica che ha aiutato produttori a negoziare meglio con l’industria, a pianificare, a tenere il timone quando i mercati ondeggiano.
Accanto alle OCM, resta decisivo il ruolo delle Regioni: il PSR deve poter restare vicino ai territori, perché Lombardia e Basilicata hanno esigenze diverse. La capacità di adattare bandi e criteri è ciò che rende efficace la spesa. Spendere tutto è importante, ma spendere bene lo è di più.
C’è poi il capitolo innovazione, che non è uno slogan: è ciò che separa un settore che rincorre i problemi da un settore che li anticipa. Le TEA/MNT (nuove tecniche genomiche) stanno muovendo i primi passi su riso e vite, e la Lombardia ha annunciato sperimentazioni sul mais. Non parliamo di OGM “classici”, ma di interventi sul genoma della stessa specie per resistere a fitopatie, ridurre i fitofarmaci, sopportare meglio lo stress climatico ( quello che già succede in natura e che definiamo mutazioni genetiche ) È il tipo di innovazione che può farci produrre di più e meglio con meno impatto.
Altrettanto centrale è la partita del digestato: aggiornare l’impianto della Direttiva Nitrati e riconoscere pienamente il digestato come fertilizzante in pieno campo significa chiudere il cerchio dell’economia circolare degli allevamenti, ridurre l’acquisto di concimi di sintesi e migliorare la fertilità dei suoli. Sono passaggi tecnici, ma hanno effetti molto concreti sui conti aziendali.
Sul fronte energia, l’Assessore ha richiamato i rischi della spinta al fotovoltaico a terra prevista dalla RED II: senza limiti, si rischia di sottrarre quote significative di SAU all’agricoltura produttiva. ( il rischio iniziale era addirittura perdere il 20% della pianura coltivata). Posizione di buonsenso: prima i tetti e le strutture agricole, poi un agrivoltaico ben progettato, e comunque cap chiari sugli impianti a terra per evitare speculazioni che espellono l’agricoltura dai territori più vocati.
Anche il tema commercio estero è una leva, non un tabù. Gli accordi di libero scambio hanno spesso premiato l’agroalimentare italiano, ma a due condizioni fondamentali: standard equivalenti (sicurezza, ambienti, residui) e controlli doganali veri, con porti di ingresso e protocolli che rendano i controlli efficaci, non solo dichiarati. Senza reciprocità, soia e proteiche importate a condizioni diverse spiazzano le produzioni interne e mettono in difficoltà intere filiere e persino alcuni disciplinari DOP.
Infine, una riflessione sulla burocrazia: la gestione del farmaco veterinario non può trasformarsi in un percorso a ostacoli che, solo in Italia, impatta persino sull’accesso ai pagamenti PAC, come ha sottolineato l’intervento del nostro presidente di Assosuini Elio Martinelli. Servono regole serie, ma proporzionate, soprattutto per le migliaia di PMI familiari che fanno la spina dorsale del settore. E se parliamo di futuro, non possiamo dimenticare giovani e aree interne: il primo pilastro e i PSR devono garantire spazio al ricambio generazionale, alla formazione tecnica e all’accesso al credito.
In sintesi: difendere la dotazione della PAC e il suo carattere europeo; rendere i pagamenti diretti più intelligenti (capping vero, niente pioggia ai non-agricoltori, premialità per chi investe in lavoro, benessere e riduzione emissioni); estendere il modello OCM alle filiere zootecniche per finanziare piani pluriennali; sbloccare innovazione (TEA/MNT, digestato); tutelare il suolo da un fotovoltaico invasivo; pretendere reciprocità e controlli alle frontiere; tagliare burocrazia inutile.
Non è teoria: sono scelte operative che possiamo attivare da subito, come filiera. Assosuini continuerà a portarle in tutte le sedi, con dati ed esperienze delle imprese. Se vuoi contribuire con i numeri della tua azienda (costi, investimenti, tempi autorizzativi, criticità), scrivici: trasformiamo insieme i problemi in progetti finanziabili.
