Come ricordava qualche tempo fa sul suo profilo TikTok l’agronomo Daniele Paci, in Italia, circa il 7% della popolazione si autodichiara vegetariana e vegana, una percentuale che rappresenta un mercato interessante per i produttori di cibi plant-based, soprattutto in periodi come la trovata commerciale nota come Vegnuary (il gennaio vegano). Per vegetariano si intende chi non consuma né carne né pesce, ma accetta di consumarne i derivati, come latte e uova. I vegani invece non accettano di consumare e neanche di utilizzare prodotti che di origine animale; la loro alimentazione ed in generale il loro stile di vita sono quindi a base esclusivamente vegetale. Niente carne, pesce, formaggi, latte, uova, ma neppure miele, lana o seta.
Prendiamo il caso di una gallina ovaiola, suggerisce Paci, che dopo circa due anni viene mandata alla mattanza, perché non produce più le uova sufficienti per poter essere convenientemente produttiva. Se un vegano decide di andare a prenderla prima che arrivi al mattatoio per salvarla, e la porta nel suo giardino di casa per lasciarla libera insieme ai suoi animali domestici, in quella situazione la gallina continuerà comunque a produrre un uovo al giorno. In questo modo l’animale non viene sfruttato, per cui viene a decadere il problema etico e morale che impedisce ai vegani di nutrirsi di quell’uovo. Quindi automaticamente quell’uovo diventa adatto ai vegani. Anzi, se non venisse mangiato, quell’uovo andrebbe sprecato, per cui sorgerebbe un altro problema etico che riguarda lo spreco di cibo.
Tutto questo per spiegare che il tema diventa complicato, quando un produttore deve vendere un prodotto agroalimentare e dichiarare che sia per vegani o per vegetariani, perché non c’è una normativa che supporti questo tipo di dichiarazione. Al momento esiste solo il Regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, che riguarda la fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori.
Questo regolamento prevede che le informazioni sugli alimenti siano fornite in modo chiaro e non ingannevole, così da garantire che i consumatori siano adeguatamente informati sugli alimenti che consumano. La normativa europea sull’etichettatura dice che non possono essere fornite indicazioni fraudolente, ma che i produttori devono rispettare le pratiche di informazione leale, al fine di una maggiore protezione della salute e dei diritti dei consumatori.
Ma se viene dichiarato che un prodotto è per vegani, non esiste una normativa o comunque un punto di riferimento riconosciuto ufficiale di quali siano le condizioni minime affinché un prodotto sia davvero vegano, ma sostanzialmente si può dire quello che si vuole. Sarebbe opportuno che la normativa si aggiornasse e che in qualche modo questo mercato venisse ufficializzato, per far lavorare i produttori in modo corretto e per tranquillizzare il consumatore. Purtroppo tutto il mercato dei prodotti plant-based naviga ancora in un mare di confusione. Basti pensare anche al Meat Sounding, cioè la pratica di usare i nomi dei prodotti fatti di carne, come “hamburger”, “salsiccia” e “bistecca”, per chiamare i prodotti vegetali.
Per il latte e derivati la Corte di Giustizia Europea ha stabilito che termini come “latte”, “burro”, “formaggio” e “yogurt” possono essere utilizzati solo per i prodotti di origine animale, per cui il “latte di soia” non può più essere commercializzato con questo nome, ma si dovrebbe usare la dicitura “bevanda vegetale a base di soia”. Per la carne invece non esiste ancora questa protezione, anzi la Corte di Giustizia non ha accettato il divieto, per cui un surrogato di soia potrà ancora chiamarsi “bistecca”. Questo è ingannevole per i consumatori, che pensano di acquistare un prodotto analogo, con le stesse caratteristiche nutrizionali della carne, mentre non è così. Auspichiamo che venga fatta chiarezza in questo campo e ricordiamo che, a tal proposito, esiste una Call to Action di Farm Europe che invitiamo a sottoscrivere per fare ricorso e tutelare il consumatore da dichiarazioni non veritiere.
Nel frattempo, siamo lieti di constatare che la stragrande maggioranza delle persone, anche a gennaio, pardon, “Veganuary”, ha seguito una dieta una dieta completa, che in quanto tale include anche carne e salumi.