Con il diffondersi della Peste Suina Africana (PSA), e con i pesanti fatti di cronaca che si stanno verificando, la dottoressa Elisa Trogu, medico veterinario e suiatra, ha riportato la sua esperienza (qui il testo integrale) per chiarire diversi aspetti che in questi giorni vengono travisati anche sui media.
“Innanzitutto, la Peste Suina Africana non è una patologia causata dagli allevamenti intensivi”, tiene subito a precisare la suiatra: “La PSA in Sardegna è presente dal 1978, e in Sardegna gli allevamenti intensivi sono pochissimi. Nel contesto sardo la persistenza dell’infezione è stata mantenuta dai suini bradi illegali, animali quindi liberi e che vivono in un contesto di benessere assoluto. Nella Penisola Iberica, dove l’ingresso del virus si è avuto nel 1960, si è risolto definitivamente il problema depopolando gli allevamenti estensivi che utilizzavano una tipologia di strutture dove albergava la zecca molle, Ornithodoros erraticus, che, come accade in Africa con Ornithodoros moubata, è serbatoio dell’infezione. Anche in questo caso, quindi, il problema non erano affatto gli allevamenti intensivi”.
La suiatra spiega che il vero problema, oltre ai cinghiali, sono in realtà i piccoli allevamenti familiari, estensivi o semiestensivi, come accade anche in molti paesi del Nord Europa, che non riescono a garantire lo stesso livello di biosicurezza dei grandi allevamenti confinati e protetti. E in provincia di Pavia il 18 agosto 2023 il Centro di Referenza Nazionale ha confermato la positività alla PSA di un piccolo allevamento, a Montebello della Battaglia, a causa di falle nella biosicurezza. Infatti l’allevatore possiede e lavora molti terreni, i suoi mezzi agricoli entrano ed escono dall’allevamento e in zona sono stati ritrovati cinghiali positivi. Il virus della PSA è estremamente resistente e può essere veicolato anche con le ruote dei mezzi, oltre che con le calzature.
Il 24 agosto una collega di ATS Pavia si reca per un controllo di routine presso un allevamento di Zinasco e si trova davanti un allevamento vuoto, con una trentina di carcasse. “Grazie alla sua competenza comprende immediatamente la situazione e allerta l’ATS e la Regione” – racconta Trogu -“Quello che emerge è agghiacciante: da tre settimane, nell’allevamento in questione, erano morti circa 400 maiali (il 40%). Né l’allevatore né il veterinario che segue i maiali avevano segnalato la mortalità abnorme, al contrario avevano scientemente omesso la cosa e venduto tutti gli animali, anzitempo, pur di nascondere la situazione. I maiali infetti erano stati inviati in 4 strutture del Nord Italia, ma fortunatamente il virus non si è diffuso, anche grazie alla prontezza della collega, che ha evitato che gli ultimi suini venissero scaricati nei macelli di destinazione”.
La Dottoressa fa sapere che ad oggi tre persone, tra le quali il soccidario e il veterinario, sono indagate e molto probabilmente altri individui sono implicati, ma sarà la magistratura a fare luce sulla cosa. “Personalmente spero tanto che le pene siano esemplari” – dice la suiatra. II 4 settembre, viene ufficializzata la positività del “santuario” Cuori liberi. I responsabili avevano segnalato la morte di 2 soggetti su 40 e le analisi confermano che i maiali sono morti per la PSA. “Da qui parte la follia”, commenta Elisa Trogu: “L’ATS inizia a scontrarsi con i tenutari del “santuario”. Invito tutti a guardare la loro pagina: è allucinante. Non vi era nessuna minima misura di biosicurezza: una foto del 28 giugno ritrae tre persone, con normalissime scarpe, senza calzari, che sono all’interno di un box con i suini. Il 16 aprile invece si trova l’immagine di visitatori esterni, anche questi privi di calzari e camici usa e getta, che accarezzano un minipig. In pratica, la PSA se la sono tirata in casa loro. Non hanno tutelato minimamente i suini che avevano in stalla. La provincia di Pavia è sempre stata considerata ad alto rischio e la situazione di allerta era nota a chiunque si occupi di maiali, dai veterinari agli allevatori”.
Intanto l’ATS si rende conto della delicatezza della situazione: viene contattata anche la facoltà di Medicina Veterinaria di Lodi e viene deciso un protocollo farmacologico per l’abbattimento dei suini rimasti. “Ma nessun veterinario suiatra vuole avere a che fare con quelle persone” – specifica Trogu – “Su alcune pagine vengono pubblicati video girati con i droni durante gli abbattimenti programmati, oltre che messaggi dai toni deliranti. Si inizia a leggere la parola “assassini” collegata a chi sta semplicemente eseguendo quanto imposto dalla legge. La violenza di queste persone è evidente e in aumento, giorno dopo giorno”. Intanto dal “santuario” decine di persone si accalcano dentro e fuori l’area, creando un pericolo enorme: molti di questi soggetti infatti hanno a che fare con altri suini in altri santuari. Di conseguenza la Regione Lombardia emette una circolare per la sorveglianza dei santuari correlati con il focolaio e in caso di necessità avvalersi delle forze dell’ordine. La mattina del 20 settembre, a fronte di un elevatissimo pericolo epidemiologico, i pochi suini rimasti in vita sono stati abbattuti.
“Si poteva fare altro? No”, continua la veterinaria: “Da settimane i suini del santuario stavano morendo. La PSA è stata introdotta dalla totale mancanza di attenzione dei tenutari. Vi è poi un altro aspetto che vorrei chiarire: i suini non amano affatto essere toccati da persone che non conoscono e il contenimento per questi animali è fonte sempre di grandissimo stress. Per i suini quindi le manipolazioni necessarie per la soppressione farmacologica comportano senza dubbio una sofferenza maggiore rispetto, ad esempio, a un improvviso e rapidissimo colpo alla testa. Comunque, l’ATS aveva concesso ai tenutari del santuario di utilizzare il metodo farmacologico, proprio per cercare di risolvere la situazione. Inoltre, nei maiali lo “scodinzolare” non è sovrapponibile a quello dei cani, bensì in moltissimi casi è indice di un atteggiamento aggressivo e di difesa: basta quindi con la storiella dei maialini che correvano felici incontro ai loro carnefici”.
La Dottoressa Trogu ricorda poi che la diffusione di una malattia delle piante o degli animali pericolosa all’economia rurale o forestale, ovvero al patrimonio zootecnico della nazione, è un reato, severamente punito dal Codice Penale, con la reclusione da uno a cinque anni. “Infine, una semplice domanda: cosa rende diversi i suini dei “santuari” rispetto ai suini di un allevamento intensivo? Perché un esemplare stabulato in un contesto assolutamente inadatto (come ad esempio un appartamento), obbligato a defecare ed orinare su di una traversina, con calori mensili a vuoto, obeso, impossibilitato a grufolare, privo di interazioni con i conspecifici, malato, dovrebbe essere più tutelato di un maiale sano che, sebbene destinato al macello, sta in quel momento vivendo la sua vita tranquillamente, senza alcuna sofferenza? Voi che vi stracciate le vesti, che urlate, minacciate, postate frasi allucinanti di una violenza assoluta, me la spiegate la differenza? Perché io, che da più di un mese non riesco a dormire una notte intera, che passo i fine settimana a studiare, correggere Piani di Biosicurezza, che passo ore al telefono con i colleghi per cercare un confronto, io che da anni combatto davvero affinché i suini degli allevamenti soffrano il meno possibile, io, questa differenza, non riesco proprio a vederla”.