Carne suina, le tensioni UE-Cina rischiano di colpire l’export italiano

Le relazioni commerciali tra Europa e Cina sono in un momento di alta tensione, e a pagarne il prezzo potrebbero essere, ancora una volta, i produttori italiani di carne di maiale.

L’Unione europea ha recentemente imposto dazi sulle auto elettriche cinesi, accusando Pechino di concorrenza sleale a causa dei sussidi statali alle sue aziende. Una mossa che, sebbene mirata a proteggere l’industria automobilistica europea, rischia di scatenare una reazione a catena dagli effetti imprevedibili. Il settore suinicolo italiano, già fragile per una serie di fattori interni e globali, si trova ora a dover fronteggiare l’ennesimo ostacolo sul mercato cinese, uno dei più importanti per le esportazioni del nostro Paese.

La Cina rappresenta uno sbocco fondamentale per la carne di maiale made in Italy, che gode di una reputazione di altissima qualità. Le esportazioni verso il colosso asiatico sono cresciute negli ultimi anni, grazie anche alla crescente domanda di prodotti alimentari di fascia alta da parte della classe media cinese. Tuttavia, la situazione attuale rischia di capovolgere questo trend positivo.

Se Pechino decidesse di rispondere ai dazi sulle auto elettriche con contromisure simili (come del resto ha già iniziato a fare, con Brandy e prossimamente auto di lusso), la carne di maiale italiana potrebbe essere uno dei primi bersagli. È un’ipotesi che molti temono, e non senza ragione. Il settore suinicolo, a differenza di altri, ha dimostrato in passato di essere particolarmente vulnerabile agli sviluppi geopolitici e alle ritorsioni commerciali. Basti pensare agli effetti devastanti delle sanzioni russe nel 2014, quando l’embargo imposto da Mosca su una serie di prodotti europei ha colpito duramente i nostri allevatori.

Oggi, l’industria italiana delle carni suine vive un momento complesso, già alle prese con sfide come l’aumento dei costi delle materie prime, la peste suina africana e le difficoltà nella catena di approvvigionamento. Aggiungere una possibile crisi commerciale con la Cina, che rappresenta uno dei principali mercati per i tagli pregiati come il prosciutto e la pancetta, potrebbe avere conseguenze devastanti. Il rischio di dazi, restrizioni o blocchi delle importazioni mette in pericolo non solo le aziende coinvolte direttamente nell’export, ma l’intero ecosistema della filiera, che include allevatori, macelli, trasformatori e distributori.

Non dobbiamo dimenticare che dietro le esportazioni ci sono famiglie, imprese e una tradizione secolare che rischia di venire erosa. Il comparto suinicolo italiano è fatto di piccole e medie aziende che spesso non hanno la capacità di assorbire l’impatto di una crisi internazionale. E quando un mercato cruciale come quello cinese diventa incerto, l’intero sistema vacilla. I produttori si trovano a dover gestire margini di guadagno sempre più stretti, con la paura costante che l’accesso a uno dei pochi mercati in crescita possa essere compromesso.

È necessario, ora più che mai, che le Istituzioni italiane ed europee siano pronte a difendere questo settore strategico. Servono risposte tempestive e misure concrete per evitare che i produttori italiani vengano schiacciati da dinamiche che sfuggono al loro controllo. Il rischio, altrimenti, è di vedere il comparto suinicolo pagare ancora una volta un prezzo troppo alto per una guerra commerciale che ha radici lontane dal nostro Paese.

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