Mercato suinicolo italiano: segnali di tensione crescente nella filiera

Il settore suinicolo italiano è in crisi: calano i suini macellati per le produzioni DOP/IGP e i prezzi delle cosce fresche, mentre aumentano i costi per gli allevatori, mettendo a rischio l'intera filiera. Urgono interventi per garantire sostenibilità e futuro alla suinicoltura italiana.

Il settore suinicolo italiano sta attraversando una fase complessa e delicata, caratterizzata da una serie di segnali preoccupanti che meritano un’attenta riflessione da parte di tutta la filiera. I dati relativi ai suini macellati destinati alle produzioni DOP/IGP, aggiornati ai primi mesi del 2025, mostrano una contrazione progressiva che non può essere considerata episodica. Tra febbraio e aprile di quest’anno, il numero di capi macellati è sceso da 827.223 a 781.480, con un calo superiore al 4% rispetto allo stesso periodo del 2024, che già era in calo rispetto al 2023. Un dato che, al di là della mera percentuale, fotografa una situazione di difficoltà strutturale!

Questa riduzione si inserisce infatti in una tendenza più ampia, iniziata già nella seconda metà dello scorso anno, e legata a una serie di fattori noti: l’aumento dei costi produttivi, in particolare per problematiche sanitarie(dal totale svezzati tatuati arrivano al macello solo il 78%), mangimi ed energia, la marginalità sempre più risicata per gli allevatori e le scelte prudenziali adottate da molte organizzazioni di produttori, che hanno rivisto al ribasso i programmi di ingrasso per contenere i rischi economici. Il risultato è una filiera che si ritrova con meno materia prima disponibile per alimentare il sistema delle DOP e delle IGP, mettendo potenzialmente a rischio non solo le forniture a breve termine, ma anche l’equilibrio futuro del comparto.

Un ulteriore segnale d’allarme arriva dai dati sui suini tatuati, che rappresentano l’indicatore più tempestivo della disponibilità di capi destinati alla trasformazione certificata. Anche in questo caso il quadro è tutt’altro che rassicurante: il primo quadrimestre 2025 ha registrato una flessione del 3,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Questo significa che nei prossimi mesi il sistema dovrà fare i conti con una minore disponibilità di cosce idonee alla produzione di salumi DOP e IGP, con conseguenze dirette sulla capacità di approvvigionamento sia dei macelli che dei prosciuttifici.

Dietro a questo dato si celano dinamiche ben note agli operatori: da un lato, il ridimensionamento dei ritiri da parte di alcune filiere, che hanno selezionato in modo più rigoroso gli allevamenti fornitori; dall’altro, il disincentivo economico derivante da premi non sempre sufficienti a compensare i maggiori costi richiesti per rispettare i disciplinari di produzione. A tutto questo si aggiungono le difficoltà sanitarie in alcune aree del territorio, che hanno ulteriormente complicato la programmazione e la gestione degli allevamenti.

Come se non bastasse, nonostante la riduzione dell’offerta, le quotazioni delle cosce fresche hanno subito negli ultimi mesi un ribasso significativo. Tra febbraio e aprile 2025, i prezzi medi sono calati in modo evidente: per le cosce da 10-12 kg si è registrato un -6,8%, mentre per le cosce da 11-13 kg e da 13-16 kg destinate alle produzioni tipiche la flessione si è attestata rispettivamente al 4,2% e al 5,5%. Un andamento che appare paradossale e che si spiega solo con il rallentamento di alcuni mercati esteri ad alta marginalità e con le politiche ribassiste messe in atto da parte di alcuni trasformatori e macelli, in un tentativo miope di contenere i propri costi.

Il quadro che emerge è dunque quello di una filiera in sofferenza, nella quale gli allevatori si trovano a sostenere costi produttivi elevatissimi senza poter contare su prezzi di vendita adeguati. Il rischio concreto è quello di compromettere definitivamente la tenuta del sistema, con ripercussioni che non si limiteranno al breve periodo, ma che incideranno sulla capacità del comparto di mantenere l’eccellenza qualitativa che ha fatto grande la suinicoltura italiana nel mondo.

In questo contesto, è fondamentale che l’intera filiera si assuma la responsabilità di garantire condizioni di redditività sostenibili agli allevatori, senza i quali non esiste futuro per le produzioni DOP e IGP. Serve un cambio di passo deciso: prezzi equi, contratti di filiera trasparenti e duraturi, maggiore riconoscimento del valore del lavoro agricolo. Continuare a scaricare a valle le tensioni del mercato significa indebolire irrimediabilmente l’anello più fragile, ma anche più essenziale, della catena produttiva.

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