La tragica morte avvenuta sull’Isola d’Elba, causata dall’attraversamento improvviso di un cinghiale, è l’ennesima conferma di quanto denunciamo da anni: la proliferazione incontrollata dei cinghiali rappresenta una grave minaccia alla sicurezza delle persone, alla salute animale e alla sopravvivenza del nostro comparto suinicolo.
Siamo di fronte a un problema strutturale, trascurato per troppo tempo e ora fuori controllo. I cinghiali non sono più solo un elemento della fauna selvatica da gestire nei boschi: li troviamo nelle campagne, nelle periferie e sempre più spesso nei centri abitati, dove causano incidenti, mettono a rischio i cittadini e compromettono interi ecosistemi agricoli. La loro presenza ha assunto una dimensione incompatibile con la convivenza civile e con l’equilibrio ambientale.
Ogni giorno riceviamo segnalazioni da allevatori, agricoltori e amministratori locali che ci raccontano danni incalcolabili alle coltivazioni, minacce dirette al bestiame, recinzioni divelte, strade pericolose. Ma quello che più ci preoccupa è il rischio sanitario che questa situazione comporta. I cinghiali sono infatti il principale serbatoio della Peste Suina Africana (PSA), una malattia virale altamente contagiosa e spesso letale per i suini domestici. La PSA non rappresenta un rischio per l’uomo, ma è un disastro per la zootecnia italiana.
Negli ultimi anni, abbiamo già assistito all’abbattimento di migliaia di suini per contenere i focolai di PSA. I danni economici si contano in milioni di euro, ma dietro quei numeri ci sono famiglie, aziende, territori interi messi in ginocchio. Le restrizioni sanitarie e commerciali, i blocchi all’export, le difficoltà logistiche e burocratiche stanno erodendo la competitività del comparto suinicolo italiano, uno dei pilastri dell’agroalimentare nazionale.
Non possiamo più permetterci di assistere in silenzio. Per questo motivo abbiamo rilanciato con forza la nostra campagna di sensibilizzazione rivolta ai Comuni, perché siamo convinti che il livello locale sia oggi decisivo nella gestione dell’emergenza. Chiediamo che i sindaci approvino una mozione che riconosca la gravità della situazione e impegni le amministrazioni ad agire concretamente, in stretta collaborazione con le autorità competenti, le aziende agricole e le associazioni di categoria.
La proposta che avanziamo non è ideologica, ma fondata su dati scientifici, responsabilità istituzionale e buon senso. Prevede, dove necessario, anche l’adozione di misure di abbattimento selettivo, già previste dalla normativa nazionale e regionale, come strumento di contenimento efficace della popolazione di cinghiali. Non si tratta di caccia indiscriminata, ma di gestione attiva e razionale della fauna, nell’interesse della collettività.
Ci rendiamo conto che il tema può suscitare sensibilità diverse, ma riteniamo che oggi non si possa più restare fermi. Ogni giorno che passa senza una risposta incisiva significa nuovi danni, nuovi rischi, nuove emergenze. E talvolta, come abbiamo visto, significa anche nuove vittime.
Il nostro settore è parte integrante dell’identità produttiva, culturale e sociale dell’Italia. Difendere la filiera suinicola non vuol dire solo tutelare un comparto economico strategico, ma anche garantire la sicurezza alimentare, la qualità del Made in Italy e la sostenibilità dei territori rurali.
Non si può morire per un cinghiale. È una frase che può sembrare dura, ma rappresenta la realtà. E noi non vogliamo più leggere notizie di incidenti, lutti, aziende distrutte o allevatori disperati. Chiediamo a tutti – istituzioni, amministratori locali, cittadini – di superare l’indifferenza e affrontare finalmente il problema con la serietà che merita.
Come Assosuini, continueremo a fare la nostra parte, a promuovere il dialogo, a offrire strumenti e proposte concrete. Ma ora è il momento che ognuno si assuma le proprie responsabilità. Serve un impegno collettivo, determinato e coordinato. Serve agire. Ora.
