Salute mentale a rischio: le motivazioni invisibili delle proteste degli agricoltori

C’è una motivazione invisibile dietro alle recenti proteste di allevatori ed agricoltori: la loro salute mentale, messa a dura prova da rincari delle materie prime, guadagni ridotti, politiche green e deliri animalisti.

Le proteste degli agricoltori in tutta Europa hanno fatto notizia negli ultimi mesi, con centinaia di trattori che hanno bloccato il traffico nelle principali città europee, stremati dopo anni di politiche green che minano la sopravvivenza delle loro attività. Ma c’è una motivazione invisibile dietro alle loro proteste.

Una ricerca ha dimostrato che le pressioni esercitate sugli agricoltori nel corso degli anni hanno avuto un impatto significativamente negativo anche sulla loro salute e sul loro benessere mentale. Ciò è molto preoccupante ma del tutto comprensibile. In molti casi, il loro lavoro quotidiano è un’attività che si tramanda da generazioni, e il rischio di fallimento crea molto stress mentale oltre alla miriade di difficoltà che il settore sta attraversando di recente.

Le aziende agricole appartengono a queste famiglie da generazioni, ma le politiche europee spesso fanno poco per proteggere i loro redditi, creando insicurezza finanziaria e costringendo molte aziende agricole a chiudere. Con alcuni che considerano seriamente il suicidio, la situazione è più drammatica di quanto si possa pensare. Un sondaggio del 2023 condotto su oltre 250 agricoltori irlandesi ha rilevato che il 20% aveva considerato il suicidio nelle due settimane precedenti, mentre quasi il 40% aveva riportato livelli di stress da moderati a estremamente elevati. Nel nord del Belgio, quasi la metà dei 600 agricoltori intervistati ha affermato che il proprio lavoro è causa di disagio psicologico. Più di un quarto degli allevatori tedeschi e austriaci hanno riferito di aver sperimentato burnout (sindrome da stress correlata al proprio lavoro, con effetti psico-fisici negativi, ndt), il doppio del tasso della popolazione generale.


Il senso di impotenza, oppressione e ingiustizia può essere insopportabile

Gli agricoltori riferiscono di sentirsi completamente schiacciati dalle politiche climatiche che li etichettano ingiustamente come i principali inquinatori del pianeta. L’aumento dei costi, il calo dei prezzi di vendita e le regole troppo rigide e ingiuste che regolano il loro lavoro danneggiano inevitabilmente anche la loro salute mentale. Si dice che il senso di impotenza, oppressione e ingiustizia sia diventato insopportabile per molti, di fronte ai titoli dei giornali (o di cosiddetti “documentari”, ndt) che dipingono il settore agricolo come la principale causa del riscaldamento globale e della perdita di biodiversità. Il settore agricolo, proprio come molti altri settori, sa che deve ridurre l’impatto sull’ambiente. A questo proposito, l’allevamento del bestiame ha dimostrato di riuscire a ridurre le emissioni. Ma questi miglioramenti non dovrebbero essere compromessi rendendo il loro lavoro impossibile. Dopotutto, sono gli agricoltori a mettere il cibo sugli scaffali dei nostri supermercati.


Gli agricoltori sono in prima linea nella lotta al cambiamento climatico

Gli agricoltori sono in prima linea nella lotta contro il cambiamento climatico e sono anche tra i più colpiti. Ma l’aumento insostenibile dei costi, le normative sempre più severe sulle emissioni e le restrizioni sull’uso di vari input, le rappresentazioni negative dei media e la rimozione dei sussidi per i carburanti agricoli hanno eroso ogni rispetto per il loro ruolo fondamentale di guardiani della terra e fornitori di cibo. Dopo la seconda guerra mondiale, agli agricoltori è stato detto di dare il massimo per porre fine alla fame e garantire l’approvvigionamento alimentare. Oggi, però, vengono costantemente criticati ed etichettati come inquinatori e torturatori di animali. Questo tipo di critica costante sarebbe estenuante per chiunque.

“Sentono di essere stati il capro espiatorio in termini di titolo di giornale, come se stessero causando la crisi climatica in modo sproporzionato rispetto al loro ruolo”, ha affermato Louise McHugh, professoressa di psicologia all’University College di Dublino e co-responsabile dello studio sulla salute mentale degli agricoltori irlandesi. McHugh afferma che gli agricoltori con cui ha parlato nell’ambito del suo studio erano motivati a impegnarsi in pratiche e politiche innovative che affrontassero il cambiamento climatico, ma sentivano che queste dovevano includere la loro voce e, soprattutto, essere realizzabili sul campo. I ricercatori affermano che è necessario trovare soluzioni e maggiore sostegno per la salute mentale degli agricoltori. In Irlanda hanno già iniziato offrendo moduli sulla salute mentale agli studenti che studiano scienze agrarie.

Secondo Franziska Aumer, che sta studiando per diventare produttrice di latte in Baviera, in Germania, è anche importante garantire che gli agricoltori abbiano maggiori informazioni e opportunità di dialogo. Franziska ha raccontato che un suo amico olandese si è tolto la vita all’età di 25 anni dopo aver perso la sua fattoria, come molti altri nei Paesi Bassi, a causa delle norme più severe sulle emissioni di azoto. “Era pieno di vita. Ha combattuto per anni per la sua fattoria”, ha detto Aumer. Nonostante le tragiche storie che ha vissuto e le sfide che il settore deve affrontare, Aumer ha affermato che arrendersi non è un’opzione per lei. “Spero che la politica e la società ci apprezzino e ci offrano un sostegno affinché la nostra professione abbia un futuro. E in modo che non distrugga le persone”.

Articolo originale pubblicato sul portale della European Livestock Voice

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