Gli ultimi dati forniti da Teseo-Clal, in un momento in cui il settore suinicolo è duramente colpito dalla Peste Suina Africana (PSA), delineano una situazione che non sfavorisce tanto l’export, quanto gli allevamenti. Il numero degli allevamenti suini da ingrasso e da riproduzione è calato drasticamente, diminuiti da 26.676 nel giugno 2023 a 24.221 nel giugno 2024, considerando che nel dicembre 2015 erano 37.339.
Il patrimonio suinicolo in Italia è diminuito da 8.318.548 capi nel giugno 2023 a 7.972.183 a giugno 2024. La variazione percentuale degli allevamenti in Italia è quindi negativa, segnando un -3.51% e un -1.12% di variazione dei suini (giugno 2024 su dicembre 2023). I risultati peggiori per numero di allevamenti si registrano in Liguria (-29.53%), Molise (-29.82%), Basilicata (-6.64%), Veneto (-6.18%), mentre in Abruzzo (+25.67%), Toscana (+5.22%), Campania (+4.24%), Puglia (+4.11) e Umbria (+3.05%) si registra una variazione positiva per il numero di capi suini.
Questa minor disponibilità di mercato ha causato l’inevitabile aumento dei prezzi, specialmente per le carni suine per produrre i DOP, e il rischio concreto è che il prossimo anno potrebbe mancare la materia prima. Da sottolineare anche il calo delle macellazioni secondo quanto rilevato dal RIFT (Registro Italiano Filiera Tutelata) dei soli suini DOP: il calo totale al 30 settembre è del 34,7%, pari mediamente pari al 3,85% al mese.
Per quanto riguarda l’export di carni suine e salumi, invece, la situazione sembra al momento meno drammatica, anche grazie alla riapertura di alcuni mercati, come quello giapponese, che a inizio 2024 ha autorizzato nuovamente l’esportazione di prodotti a base di carne suina cotti, come prosciutti cotti, mortadelle e wurstel dopo due anni di stop a causa della PSA in Italia.
L’export di carni suine a luglio 2024 segna un bel +20,01% (35.107 tonnellate) su luglio 2023, con un valore in euro di +15.24%. Anche da gennaio a luglio 2024, l’export di carni suine e salumi registra un positivo +3,2% verso i principali acquirenti, come Francia (36.1 KTon contro 33.8 KTon dell’anno precedente), Spagna (20.9 KTon contro 17.3 KTon dell’anno precedente) e Stati Uniti (11.7 KTon rispetto ai 9.8 KTon dell’anno precedente).
L’aumento è avvenuto specialmente per salsicce e salami (60.5 KTon contro i 51.1 KTon dell’anno precedente), prosciutto cotto (18.2 KTon contro 14.7 KTon dell’anno precedente) e carni suine salate, fresche e affumicate (44.3 KTon rispetto ai 39.8 KTon dell’anno precedente). In particolare, l’export di salumi segna un positivo +14.5%, mentre le carni suine fresche e congelate registrano comprensibilmente ancora un negativo di -2.6%.
Insomma, la PSA ha avuto quindi un impatto significativo sull’allevamento suinicolo in Italia, riducendo il numero di allevamenti e il patrimonio suinicolo. Questo calo ha portato a una diminuzione dell’offerta, che a sua volta ha causato un aumento dei prezzi delle carni suine, con particolari preoccupazioni per le produzioni di eccellenza DOP.
Nonostante queste difficoltà, l’export di carni suine e salumi sembra aver resistito meglio, anche se le carni suine fresche e congelate continuano a soffrire, segnalando che la ripresa non è uniforme. Le sfide da affrontare a causa della PSA sono ancora considerevoli e richiedono interventi mirati di eradicazione, per evitare ulteriori gravi ripercussioni sulla catena di approvvigionamento e per la sopravvivenza dell’intera filiera suinicola.